Intelligenza artificiale in sanità: aumenterà il divario o realizzerà il diritto alle cure?

L’innovazione tecnologica è un driver di equità, universalità ed appropriatezza delle cure? L’intelligenza artificiale garantisce le risposte ai bisogni o aumenta i gap territoriali? Questi gli interrogativi al centro di una delle sessioni plenarie del 25° Convegno nazionale AIIC che si sta svolgendo a Napoli.

“Abbiamo voluto affrontare questo tema nella nostra agenda – ha precisato da Lorenzo Leogrande, presidente del Convegno dell’Associazione Italiana Ingegneri Clinici – perché non possiamo sconnettere la rivoluzione tecnologica in corso in sanità dagli obiettivi che questa stessa trasformazione cerca di perseguire, che sono quelli di curare tutti, curare meglio e curare sempre”.

Proprio in questa direzione il presidente GIMBE, Nino Cartabellotta, ha sottolineato che “oggi ci troviamo all’interno di un paradosso perché da un lato la tecnologia ha reso disponibili strumenti straordinari come dispositivi medici avanzati, apparecchiature sofisticate, farmaci innovativi, soluzioni di intelligenza artificiale. Dall’altro lato, però, non riusciamo a garantire prestazioni essenziali a tutti i cittadini che ne hanno bisogno, su tutto il territorio nazionale: è proprio questa mancanza di equità che rappresenta oggi la criticità principale”. Di certo, ha dichiarato Cartabellotta, “se utilizzata in modo etico, responsabile e consapevole, l’intelligenza artificiale può trasformare non solo la ricerca, ma anche l’assistenza sanitaria quotidiana. È importante però sottolineare che, nella fase attuale, abbiamo molti dati, ad esempio sull’accuratezza diagnostica degli algoritmi, ma non ancora prove solide sul fatto che questi strumenti migliorino concretamente gli esiti di salute dei pazienti. Per il futuro servono evidenze scientifiche consistenti e competenze multidisciplinari per assicurare uno sviluppo della sanità accessibile ovunque e non limitato ai centri di eccellenza”.

La voce dei cittadini è stata rappresentata da Lorenzo Latella (Cittadinanzattiva) che ha posto lo sguardo sullo “scollamento tra percezione sociale e narrazione istituzionale dell’intelligenza artificiale in sanità. Da una recentissima ricerca che abbiamo fatto su circa 600 pazienti della regione Campania esce un dato molto interessante: i pazienti all’80% hanno quasi paura dell’ingresso dell’intelligenza artificiale nel proprio percorso di cura, perché temono si possa creare una frattura nel rapporto con i clinici, che sono sempre percepiti come principale punto di riferimento dei cittadini. C’è quindi bisogno di coinvolgere il paziente, affinché comprenda che l’intelligenza artificiale e le nuove tecnologie possono essere strumenti positivi anche per la riorganizzazione di percorsi di cura, per l’ampliamento dell’aderenza terapeutica per avere diagnosi precoci e più attendibili”.

Il mondo della produzione industriale – rappresentato nella sessione anche da Vittorio Martinelli di Olympus Italia – è già impegnato a rendere “l’innovazione concretamente fruibile e quindi equa e universale”, ha detto Alessandro Preziosa (Presidente dell’Associazione Elettromedicali di Confindustria Dispositivi Medici), “Semmai tutto ciò che già esiste non è in questo momento completamente coordinato all’interno del sistema complessivo della salute. Oggi le obsolescenze tecnologiche – autentica criticità del settore – e l’opportunità dell’intelligenza artificiale sono un po’ le facce contrapposte di una stessa medaglia. Noi dobbiamo ovviamente lavorare su entrambi gli aspetti perché si sviluppi efficacemente il tema dell’equità, altrimenti rischieremo di avere ancora una volta una distribuzione non omogenea dell’innovazione tecnologica”.

Ma l’ingegnere clinico in questo scenario – in cui Cesare Hassan, presidente della società europea di gastroenterologia ha portato il contributo dei clinici che già utilizzano al massimo grado le possibilità offerte dall’AI – che ruolo può assumere?

Come ha spiegato Umberto Nocco (Presidente AIIC): “Non possiamo negare che siamo ad un punto di svolta: l’intelligenza artificiale – con il resto dell’innovazione che sta oggettivamente galoppando – non è più fantascienza, ma è un fattore reale di cambiamento del sistema delle cure. Ebbene: le competenze, di cui Cartabellotta ha parlato, sono già presenti e sono nel bagaglio di molti professionisti, tra cui proprio gli ingegneri clinici. Oggi occorre chiarire, ed in primis deve farlo la Governance nazionale della sanità, cosa il Paese vuole fare con l’intelligenza artificiale per garantire ricerca, diagnostica e cura efficace su tutto il territorio nazionale. Come sempre le sfide si vincono tutti insieme, ognuno offrendo il massimo della propria competenza e disponibilità. Noi, come ingegneri clinici, ci siamo: crediamo sia opportuno che tutta la comunità professionale si faccia avanti per partecipare da protagonista”.

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