Zenzero vs cancro: dalla ricerca giapponese nuove prospettive terapeutiche

Uno dei composti bioattivi contenuti nello zenzero potrebbe rivelarsi un inaspettato alleato nella lotta ai tumori. A suggerirlo è uno studio condotto dal team di Akiko Kojima-Yuasa presso la Osaka Metropolitan University, in Giappone, che ha identificato un nuovo meccanismo attraverso cui l’etil p-metossicinnamato – un estere dell’acido cinnamico isolato dallo zenzero – riesce a limitare la crescita delle cellule tumorali. I risultati dello studio sono stati pubblicati da Scientific Reports.

A livello metabolico le cellule umane sane producono energia sotto forma di adenosina trifosfato (ATP), principalmente attraverso la combustione del glucosio in presenza di ossigeno, un processo altamente efficiente che avviene nei mitocondri. Le cellule tumorali, invece, tendono ad aggirare questo meccanismo e a sfruttare un percorso metabolico alternativo: la glicolisi anaerobica, che trasforma il glucosio in acido lattico anche in presenza di ossigeno. Un fenomeno noto come “effetto Warburg,” da tempo al centro dell’interesse scientifico per il suo ruolo nel sostenere la rapida proliferazione delle cellule maligne.

Già in studi precedenti, il gruppo giapponese aveva rilevato l’attività antitumorale dell’etil p-metossicinnamato. Ora, approfondendo i dati, emerge un quadro più dettagliato: il composto non agisce direttamente sulla glicolisi – come era stato ipotizzato inizialmente – ma interferisce con la produzione di energia bloccando la sintesi de novo degli acidi grassi e il metabolismo lipidico. In questo modo, priva le cellule tumorali delle riserve energetiche necessarie alla loro crescita, riducendo la produzione complessiva di adenosina trifosfato.

I ricercatori hanno anche osservato che il blocco energetico innescato dal composto induce nelle cellule tumorali un tentativo di compensazione, con un aumento della glicolisi, nel tentativo di sopperire al deficit energetico. Un adattamento che potrebbe rappresentare un ulteriore punto di vulnerabilità da colpire farmacologicamente.

“I nostri risultati – sottolinea Kojima-Yuasa – non solo arricchiscono il quadro interpretativo dell’effetto Warburg, ma suggeriscono anche nuovi potenziali bersagli terapeutici su cui intervenire nello sviluppo di strategie innovative contro il cancro”.

Fonte: Scientific Reports, 2025

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