Farmacoeconomia e gestione clinica della psoriasi: un connubio possibile?

Scegliere un trattamento mirato e personalizzato consente non solo di raggiungere migliori outcome terapeutici e una maggiore soddisfazione e compliance al trattamento, ma anche di gestire in modo ottimale le risorse economiche, evitando costi diretti e indiretti aggiuntivi1

Il fallimento di una terapia biologica in un paziente affetto da psoriasi e il conseguente switch terapeutico nel corso del primo anno di trattamento costano al servizio sanitario nazionale e al paziente circa 2.680 € in più l’anno1. È quanto ha evidenziato un’analisi condotta in Italia meridionale dalla dott.ssa Francesca Guerriero e colleghi del Centro di Farmacoeconomia dell’Università Federico II di Napoli1.

La psoriasi è una malattia cutanea cronica, immuno-mediata, che colpisce circa 100 milioni di persone al mondo2; generalmente, si distingue in una forma lieve, moderata o severa, sulla base dell’estensione della superficie corporea interessata, del rossore delle aree colpite e dello spessore e della desquamazione delle placche1. Circa il 20% dei pazienti soffre di una forma da moderata a grave e nella scelta della migliore terapia, vengono presi in considerazione molti fattori2.

L’onere socioeconomico della psoriasi è attribuibile non solo ai costi diretti, ma anche a quelli indiretti1 e dipende dalla gravità della malattia cutanea3. Uno studio tedesco ha per esempio evidenziato che i pazienti che soffrono di forme severe di psoriasi possono arrivare a perdere quasi cinque giorni di lavoro l’anno. Sempre per le forme gravi di psoriasi, l’incidenza dei ricoveri è quasi il doppio rispetto ai pazienti che hanno una forma lieve della patologia3. Il trattamento della psoriasi in sé, poi, che va dall’uso di agenti topici a farmaci sistemici, è costoso dal momento che, essendo una malattia cronica, richiede cure continue. In Italia, i farmaci biologici sono rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale, nei pazienti con inadeguata risposta alle terapie sistemiche convenzionali o in coloro che sembrano avere controindicazioni per le cure standard1.

In questo contesto è importante sottolineare, però, come i pazienti con psoriasi che rispondono al trattamento senza avere una pelle completamente pulita (es. PASI 75) possono continuare ad avere una sostanziale malattia residua, con conseguenze a livello di qualità di vita correlata alla salute e segni e sintomi della malattia cutanea4.

I ricercatori italiani hanno voluto descrivere, con dati dal real-world, l’uso dei biologici tra i pazienti con psoriasi mai trattati prima con questi medicinali innovativi, analizzando anche l’eventuale cambio di terapia nel primo anno di trattamento e i costi associati. Dai risultati è emerso che circa il 20% dei pazienti con una diagnosi di psoriasi era in trattamento con un biologico. Tra i 126 pazienti identificati come naïve, poi, circa l’8% era passato a un altro biologico nel primo anno di terapia e il tempo medio del passaggio era stato di 140 giorni1.

Considerando, poi, i costi annuali per paziente, Guerriero e collaboratori hanno registrato una media di 10.536 € spese per paziente l’anno, un costo che arrivava fino a 13.021 € per i pazienti che nel primo anno di terapia andavano incontro a un cambio di trattamento, con una differenza significativa di circa 2.680 € l’anno (p =0,002)1. Dunque, cambiare terapia è un fattore predittivo significativo dei costi correlati alla psoriasi (p <0,001)1.

L’innovazione dell’ultimo decennio nel trattamento della psoriasi ha portato ad avere oggi un buon controllo della malattia, con un PASI 100 che può essere ormai raggiunto in una considerevole percentuale di pazienti con psoriasi da moderata a severa5; e una pulizia completa della pelle è ormai un risultato clinico significativo per i pazienti, che si riflette sull’impatto della malattia sulla qualità di vita4. Questi aspetti vengono valutati direttamente dal paziente attraverso opportune scale, come il Dermatology Life Quality Index (DLQI), per la quale un valore di 0 o 1 indica l’assenza di impatto della psoriasi sulla vita quotidiana, o lo Psoriasis Symptom Inventory (PSI), che ha un punteggio compreso tra 0 e 32 e dove un valore più basso indica una minore gravità dei segni e sintomi della malattia4.

Per valutare l’impatto di una pelle pulita sul paziente, un’analisi di tre trials clinici ha messo a confronto la percezione dei pazienti che avevano una pelle pulita (PASI 100) rispetto a quelli che non avevano una pulizia completa della cute (PASI 75). Il 45% dei pazienti che raggiungevano un PASI 100 riferiva un punteggio PSI pari a 0, contro l’8% di quelli con un PASI tra 75 e <100 (p <0,001); mentre l’80% dei pazienti con una pelle completamente pulita dava un punteggio di 0/1 al DLQI vs. il 55% di coloro che avevano un PASI tra 75 e <100 (p <0,001)4.

Raggiungere una pelle completamente pulita è dunque un obiettivo perseguibile, tanto che anche le linee guida italiane sottolineano che, sebbene un miglioramento del 75% rispetto alla gravità della psoriasi iniziale (PASI 75) sia ampiamente accettato come clinicamente significativo, la terapia deve puntare a una completa o quasi completa risoluzione delle placche psoriasiche e un miglioramento del 90%, o superiore (PASI 90 e PASI 100), è ormai considerato come il principale obiettivo di trattamento6.

Molti pazienti, attualmente, possono e vogliono raggiungere obiettivi di trattamento più ambiziosi come il PASI 100 o un DLQI di 0 /1. E le evidenze suggeriscono che anche un PASI 100 può essere raggiunto in una considerevole percentuale di pazienti con psoriasi da moderata a severa, con l’uso di biologici innovativi come gli inibitori dell’IL-17 e dell’IL-235.

Questa nuova generazione di farmaci ha portato alti tassi di pulizia della pelle rispetto ai trattamenti più datati; benefici evidenziati in studi head-to-head, come il trial clinico IXORA-R, che ha confrontato l’efficacia dell’inibitore dell’IL-17A ixekizumab e l’inibitore dell’IL-23p19 guselkumab nell’indurre un PASI 100 dopo 12 settimane di trattamento nei pazienti con psoriasi a placche da moderata a grave, endpoint raggiunto dal 41% dei pazienti trattati con ixekizumab vs. il 25% di quelli in terapia con guselkumab (p <0,001)7. Tuttavia, ci sono limitate ricerche che confrontano i nuovi biologici l’uno con l’altro2(3). Laura Sawyer e colleghi hanno condotto una Network Meta-Analysis (NMA) bayesiana confrontando l’effetto del placebo con quello di diversi trattamenti, nell’indurre una risposta sullo Psoriasis Area and Severity Index (PASI), nel corso del periodo di induzione della terapia, estrapolando il dato anche come “number needed to be treated” (NNT)2.

Il concetto di NNT, introdotto alla fine degli anni ottanta da Andreas Laupacis, dell’University of Western Ontario (Canada), è una misura assoluta dell’efficacia interpretabile come il numero di pazienti che bisogna trattare con una certa terapia rispetto a un’altra affinché un paziente possa raggiungere un determinato beneficio aggiuntivo, in un periodo di tempo definito8. Il ‘number needed to be treated’ ha il vantaggio di descrivere al medico sia il significato statistico che clinico di un trattamento e sta diventando ampiamente usato per le scelte terapeutiche9. Dal momento, infatti, che l’NNT aiuta a quantificare la grandezza di un effetto derivante da un intervento farmacologico su scala assoluta, fornisce un valore aggiunto al medico, alle autorità regolatorie e ad altri stakeholders8.

Originariamente pensato per essere applicato ai trials clinici, l’NNT è ormai usato anche per esprimere differenze in studi comparativi come review sistematiche, meta-analisi e studi osservazionali e ha il potenziale di essere uno strumento di supporto nella valutazione del rischio-beneficio dei trattamenti8.

Ad esempio, nella NMA, Sawyer e collaboratori hanno preso in considerazione 77 trials che includevano, complessivamente, 34.816 pazienti. L’obiettivo era confrontare l’efficacia nel trattamento della psoriasi dei farmaci inibitori dell’interleuchina IL-17 (ixekizumab e secukinumab) o del suo recettore (brodalumab), dei farmaci che hanno come obiettivo la IL-23 (guselkumab, risankizumab e tildrakizumab), così come di altri biologici sistemici e terapie non-biologiche2.

L’analisi ha evidenziato che tutti i trattamenti attivi sono superiori al placebo e che l’inibitore dell’IL-17 ixekizumab e l’inibitore dell’IL-23 risankizumab sono significativamente più efficaci di, ustekinumab, di tutti gli anti-TNF, adalimumab ed etanercept, nell’indurre una risposta PASI 1002.

In termini di NNT, è subito evidente l’efficacia di alcuni biologici rispetto ad altri. Confrontando con il placebo, infatti, l’NNT per il PASI 100 per ixekizumab è di 2,49 (95% CI: 1,66 – 4,43), quello di risankizumab è di 2,55 (95% CI: 1,69 – 4,62) e quello di brodalumab è di 2,60 (95% CI: 1,71 – 4,72), fino ad arrivare a etanercept con 13,87 (95% CI: 6,00 – 39,80)2. Mentre confrontando ixekizumab con altri biologici, lo studio evidenzia che rispetto a ustekinumab, per avere un paziente in più che raggiunga una pulizia completa della pelle, devono essere trattati cinque pazienti con ixekizumab, brodalumab o risankizumab; sei con guselkumab e otto con secukinumab.

Invece rispetto a secukinumab, devono essere trattati undici, dodici e tredici pazienti rispettivamente con ixekizumab, risankizumab e brodalumab2.

Con gli obiettivi PASI 90 e PASI 100 che diventano sempre più raggiungibili, sta crescendo il consenso sul fatto che i dermatologi dovrebbero scegliere le terapie più efficaci per i loro pazienti con psoriasi, specialmente perché una maggiore risposta si traduce in un miglioramento della qualità di vita2. Così, anche il mantenimento di una risposta PASI 100 nel tempo è fondamentale per il paziente, tanto che lo studio clinico su ixekizumab, UNCOVER-3, ha evidenziato che dopo cinque anni di trattamento, il 66,5% dei pazienti mantiene il PASI 100 e, contemporaneamente, il 45,3% mantiene un sPGA 0. Un risultato evidenziabile anche a livello di trattamento con l’inibitore IL-17 delle aree difficili10.

“I nostri risultati – concludono Sawyer e colleghi – sono simili a quelli di altre NMA che mostrano che brodalumab e ixekizumab (anti IL-17) e guselkumab e risankizumab (anti IL-23) sono i biologici più efficaci nell’indurre una risposta PASI” e hanno i più elevati livelli di efficacia nel breve termine2.

La risposta precoce al trattamento con i farmaci biologici, inoltre, potrebbe essere un dato importante per stabilire l’evoluzione della psoriasi nel lungo periodo. I valori del PASI nella fase iniziale della terapia si sono mostrati indicativi della durata della remissione della malattia ed è stato ipotizzato che un trattamento intensivo mirato al raggiungimento del PASI 100 da subito dopo la comparsa della psoriasi possa minimizzare il rischio di recidive11.

Uno studio danese ha evidenziato che un valore assoluto di PASI basso, raggiunto nei primi sei mesi di trattamento con biologici, nei pazienti mai trattati prima con questi farmaci, è associato a un decorso più stabile della malattia e a una riduzione del rischio di riacutizzazioni (recidive). In particolare, i pazienti che raggiungevano un PASI assoluto <2 nei primi sei mesi di terapia avevano un rischio di recidive inferiore e avevano una più lunga drug survival, il periodo in cui il paziente continua ad assumere un medicinale senza interrompere la cura, rispetto a chi raggiungeva un PASI >211.

Per studiare questo aspetto, i ricercatori hanno preso in considerazione 1.684 pazienti bionaïve con psoriasi, mai trattati prima con biologici, dal registro nazionale danese, raggruppandoli sulla base del PASI assoluto raggiunto durante i primi sei mesi di trattamento: 746 pazienti hanno raggiunto un PASI =0, 485 un PASI compreso tra 0 e 2, 246 un PASI compreso tra 2 e 4 e 207 un PASI >4. Il tempo medio per la risposta era di 112 giorni, con il 95,4% dei pazienti che raggiungeva una risposta dopo tre o sei mesi11.

Dai risultati è emerso che i pazienti con PASI più bassi nei primi sei mesi di trattamento godevano di periodi più lunghi liberi da riacutizzazioni e drug survival più prolungate [HR con PASI =0 come riferimento: 1,35 (95% IC: 1,11 – 1,72), per PASI compreso tra 0 e 2; 2,32 (95% IC: 1,80 – 2,99), per PASI compreso tra 2 e 4; 2,38 (95% IC: 1,80 – 3,15), per PASI >4]. Un risultato che suggerisce che i pazienti che raggiungono una pulizia completa della pelle e mantegono questo risultato nel tempo hanno una psoriasi più stabile rispetto ai pazienti che hanno una malattia residua11. Malattia residua che può avere conseguenze a livello di qualità di vita correlata alla salute, come evidenziato in uno studio in cui i pazienti con segni di psoriasi, nonostante in trattamento, riferivano ancora imbarazzo e la necessità di dover adattare l’abbigliamento in funzione della malattia cutanea, rispetto a chi aveva una pelle pulita12.

 

Bibliografia:

  1. Guerriero F. et al., Biological therapy utilization, switching, and cost among patients with psoriasis: retrospective analysis of administrative databases in Southern Italy. Clinicoecon Outcomes Res (2017) 9:741-748
  2. Sawyer L. M. et al., Assessing the relative efficacy of interleukin-17 and interleukin-23 targeted treatments for moderate-to-severe plaque psoriasis: A systematic review and network meta-analysis of PASI response. PLoS One (2019) 14(8):e0220868
  3. World Health Organization. Global report on psoriasis. WHO (2016). Available from: http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/204417/1/9789241565189_eng.pdf
  4. Strober B. et al., Clinical meaningfulness of complete skin clearance in psoriasis. J Am Acad Dermatol (2016) 75(1):77-82.e7
  5. Carretero G. et al., Redefining the therapeutic objective in psoriatic patients candidates for biological therapy. J Dermatol Treat (2018) 29(4):334-346
  6. Gisondi P. et al., Italian guidelines on the systemic treatments of moderate-to-severe plaque psoriasis. J Eur Acad Dermatol Venereol (2017) 31(5):774-790
  7. Blauvelt A. et al. A head-to-head comparison of ixekizumab vs. guselkumab in patients with moderate-to-severe plaque psoriasis: 12-week efficacy, safety and speed of response from a randomized, double-blinded trial. Br J Dermatol (2020) 182(6):1348-1358
  8. Mendes D. et al., Number needed to treat (NNT) in clinical literature: an appraisal. BMC Med (2017) 15(1):112
  9. Cook R. J. and Sackett D. L. The number needed to treat: a clinically useful measure of treatment effect. BMJ (1995) 310(6977):452-454
  10. Blauvelt A. et al., Long-term efficacy and safety of ixekizumab: 5-year analysis of the UNCOVER-3 randomized controlled trial. J Am Acad Dermatol (2020) Nov 27:S0190-9622(20)33053-X
  11. Loft N. et al., Response to biologics during the first six months of therapy in biologic-naive patients with psoriasis predicts risk of disease flares: a Danish Nationwide Study. Acta Derm Venereol (2021) 101(1):adv00357
  12. Viswanathan H. N. et al., Total skin clearance results in improvements in health-related quality of life and reduced symptom severity among patients with moderate to severe psoriasis. J Dermatolog Treat (2015) 26(3):235-239

 

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