166– Piraino (Chiesi Italia): “La tecnologia può aiutare molto la ricerca clinica rendendo più semplici le procedure di studio”

#lsea2023

TRITRIAL study

Alessio Piraino

“TRITRIAL” è uno studio clinico osservazionale prospettico condotto da Chiesi Italia, in collaborazione con CRO EXOM Group, che ha coinvolto circa 50 pneumologie in tutta Italia con l’obiettivo di valutare l’impatto della terapia con una triplice associazione inalatoria sullo stato di salute di pazienti BPCO. Ne abbiamo parlato con Alessio Piraino, MD. Respiratory Medical Lead, Chiesi Italia S.p.A. Parte del team anche Eleonora Ingrassia, Clinical Operations Manager dell’azienda

Come è nata l’idea di realizzare questo progetto e a chi si rivolge? 
A inizio 2019 abbiamo cominciato a lavorare sull’idea dello studio TRITRIAL con il preciso obiettivo di raccogliere dati italiani in real-life in modo smart e innovativo, considerando che la digitalizzazione, al pari della ricerca e della sostenibilità, è uno dei pilastri di Chiesi. Ci siamo rivolti principalmente ai pazienti affetti da BPCO con lo scopo di ascoltare i loro bisogni e, allo stesso tempo, ai ricercatori con i quali consolidare una partnership di intenti riducendo il più possibile il loro carico di lavoro. 

Potrebbe descriverlo brevemente? 
TRITRIAL è uno studio clinico osservazionale prospettico di 12 mesi che ha coinvolto circa 50 pneumologie in tutta Italia condotto in collaborazione con CRO EXOM Group. L’obiettivo principale era quello di valutare l’impatto della terapia con una triplice associazione inalatoria sullo stato di salute di pazienti BPCO raccogliendo anche informazioni su qualità di vita, aderenza e soddisfazione rispetto alla terapia e qualità del sonno. Fra le innovazioni digitali: raccolta del consenso informato elettronico e da remoto, compilazione dei PRO dagli smartphone dei pazienti, visite da remoto, archiviazione elettronica dei dati dello studio per abbattere il consumo di carta. 

Che risultati avete o volete raggiungere? 
I pazienti in trattamento sono migliorati su tutti i parametri valutati. Abbiamo raggiunto una popolazione di circa 650 pazienti nonostante le chiusure dei centri di ricerca e il lockdown imposti dalla pandemia da Covid-19 nel periodo dello studio. Tutta l’infrastruttura digitale non era così comune o semplicemente necessaria prima del Covid, invece ci ha consentito di rispondere prontamente ai cambiamenti e alle esigenze di clinici e pazienti e di portare a termine lo studio in piena pandemia. I prossimi passi saranno la condivisione dei risultati con la comunità scientifica e continuare, ove possibile, ad applicare sempre nuove modalità di ricerca per sperimentazioni future. 

Cosa pensa ci sia ancora da fare in questo ambito? 
La tecnologia può aiutare molto la ricerca clinica rendendo più semplici le procedure di studio, ma serve sensibilizzazione sia pazienti che strutture ospedaliere. Inoltre, anche gli aspetti normativi dovrebbero tenere il passo con gli upgrade che la tecnologica offre e semplificare molti processi di tipo approvativo. Come nel nostro caso, frutto di una bellissima collaborazione con una CRO all’avanguardia, occorrerà che anche queste società mettano sempre più a disposizione nuove tecnologie di ricerca clinica. 

Qual è l’aspetto principale della Scientific Collaboration che sarà più importante secondo lei nei prossimi anni? 
Sarà sempre più determinante il coinvolgimento dei vari attori principali nella generazione della ricerca clinica. Occorrerà avere sempre più a disposizione e alla portata di tutti le tecnologie necessarie con possibilità di semplificazione e unificazione di piattaforme. Un altro punto fondamentale riguarda la sostenibilità dell’intero sistema che dovrebbe salvaguardare ancora una volta gli interessi di tutti, pazienti in primis, ma senza dimenticare quello del nostro Pianeta. 



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