029 – Ferrini (Takeda): “Serve sicuramente una maggiore comunicazione su tutto il mondo delle malattie rare”

#lsea2023

SBS Care

Marco Ferrini

Un progetto pensato per supportare il paziente con la sindrome dell'intestino corto nella gestione della propria terapia. È “SBS Care” di Takeda e noi ne abbiamo parlato con Marco Ferrini, Patient Service Lead di Takeda Italia

Come è nata l’idea di realizzare questo progetto e a chi si rivolge?
“SBS Care” nasce con l’idea di rendere il paziente autonomo nella gestione della terapia e di permettere al clinico di monitorare il paziente direttamente al suo domicilio, consentendo una rilevazione dei parametri più frequenti, permettendo di individuare precocemente variazioni anomale fondamentali come nutrizione, liquidi e peso.

Potrebbe descriverlo brevemente?
“SBS Care” è un infermiere dedicato al paziente, una figura che vede con frequenza e a cui può fare riferimento, che lavora in sinergia con il servizio per garantire la corretta gestione di tutti gli aspetti, dalla somministrazione della terapia, al regolare monitoraggio fino alla consegna della terapia e all’approvvigionamento dei consumabili necessari.

Che risultati avete o volete raggiungere?
L’ambizione è quella di alleggerire sempre più il peso della malattia che nel caso della Sindrome dell’intestino corto (Short Bowel SyndromeSBS) risulta essere particolarmente invalidante. Una migliore aderenza alla terapia, maggiore tranquillità e sicurezza sono gli aspetti più apprezzati dai pazienti e dai clinici a cui risulta più facile il monitoraggio del paziente. L’ultima Survey erogata a clinici e pazienti sul gradimento del servizio ha evidenziato che: il 95% dei pazienti ha dichiarato che il servizio ha semplificato la gestione della terapia, lo ha reso autonomo e ha permesso di conciliare vita privata e terapia. Il 97% dei pazienti ha dichiarato che il servizio l’ha fatto sentire più tranquillo e più seguito/monitorato. Il 100% dei clinici ha dichiarato che il servizio ha consentito un miglioramento dell’aderenza del paziente, ha generato uno sgravio di attività per il reparto, ha consentito di gestire al meglio il paziente in accordo alle sue necessità. Hanno apprezzato i report/feedback mensili/trimestrali ricevuti dal provider agevolando il monitoraggio del paziente. 

Cosa pensa ci sia ancora da fare in questo ambito?
Migliorare l’awarness della patologia e aiutare i pazienti ad accedere alle cure per migliorare la loro qualità di vita e i caregiver nel supportare i pazienti. Per fare questo serve sicuramente una maggiore comunicazione su tutto il mondo delle malattie rare per evitare che i pazienti si trovino da soli in questo ambito difficile. 

Qual è l’aspetto principale del Patient Support Program che sarà più importante secondo lei nei prossimi anni?
La collaborazione più stretta con le associazioni pazienti per ascoltare i bisogni insoddisfatti dei pazienti e riuscire a sfruttare al meglio anche le nuove tecnologie per rendere ancora più efficace e accessibile i nostri servizi, senza trascurare l’importanza del valore umano e del contatto con il medico.



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