158 – Migliore-Menna (Roche): “Necessario amplificare l’utilizzo di strumenti di empowerment delle pazienti”

#lsea2023

Dottore,
posso chiederle?

Federica Migliore, Annunziata Menna

“Dottore, posso chiederle?” è un podcast in 3 puntate realizzato dalla Fondazione IncontraDonna con il contributo non condizionato di Roche per sensibilizzare al tema della terapia neoadiuvante nel tumore al seno. Abbiamo approfondito l’argomento con Federica Migliore, Brand Manager Breast Cancer e Annunziata Menna, Patient Partnership Manager

Come è nata l’idea di realizzare questo progetto e a chi si rivolge?
Il progetto nasce grazie alla Fondazione IncontraDonna, organizzazione no profit che persegue il diritto alla salute e promuove la prevenzione oncologica, e si rivolge alle donne affette da tumore al seno. L’obiettivo era rendere più consapevoli le pazienti sul valore dell’approccio neoadiuvante e sull’importanza di essere curate da un team multidisciplinare di esperti di mammella per offrire loro il miglior percorso di cura possibile. Per trasferire questi concetti, che possono sembrare difficili, si è optato per il format smart del podcast, che lo ascolti quando e dove vuoi, e per un tono semplice ed empatico.

Potreste descriverlo brevemente?
“Dottore, posso chiederle?” è un podcast in 3 puntate realizzato dalla Fondazione IncontraDonna con il contributo non condizionato di Roche in cui la protagonista, Sandra, è una paziente con carcinoma alla mammella che mette a nudo dubbi, paure ed emozioni che ha sperimentato durante la sua storia di malattia, in particolare durante la chemioterapia neoadiuvante, cioè la terapia che precede la chirurgia. Nelle 3 puntate Sandra dà vita ad un dialogo intimo ed aperto con i medici del team multidisciplinare che si sono presi cura di lei: il chirurgo, l’oncologo, lo psico-oncologo, raccontando in maniera semplice, empatica ed efficace il suo vissuto personale. Grazie ai suggerimenti di Sandra, tante altre donne che, come lei, sono affette da questa malattia, oggi hanno delle risposte in più per affrontare in modo più sereno e consapevole il loro percorso di cura. 

Che risultati avete o volete raggiungere?
Il podcast ha raggiunto in maniera mirata il target di riferimento. Ogni episodio è stato lanciato e promosso attraverso i canali digitali e social di IncontraDonna. I risultati che abbiamo raggiunto sono davvero importanti: solo sul canale Facebook abbiamo raggiunto oltre 130.000 persone e abbiamo ricevuto più di 16.000 interazioni, segno evidente dell’apprezzamento dell’argomento e di come è stato affrontato. I podcast sono fruibili anche su Youtube, Spotify, Amazon Music e Apple Podcast dove abbiamo registrato oltre 600 download. Per l’impatto che ha generato, questa iniziativa è stata premiata all’“Excellence in Breast Cancer” di Roche Global come uno dei migliori progetti per supportare le donne con tumore al seno. 

Cosa pensate ci sia ancora da fare in questo ambito?
Siamo molto soddisfatti dei risultati raggiunti, ma sappiamo che c’è ancora da fare: oggi la terapia neoadiuvante è considerata uno standard per le pazienti con tumori al seno in stadio iniziale ad alto rischio di recidiva. Infatti, la terapia neoadiuvante vanta importanti benefici per la paziente e, per tale motivo, andrebbe garantita a tutte le pazienti eleggibili. Tuttavia, esistono realtà ospedaliere in cui l’assenza di una Breast Unit – e quindi di un team multidisciplinare – inficia l’utilizzo di questo setting, compromettendo alla paziente di fruire della migliore chance di cura possibile. È importante quindi formare le pazienti sul valore di questo approccio e quanto più possibile renderle consapevoli dell’importanza di essere seguite da un team multidisciplinare. 

Secondo voi, qual è il valore che nei prossimi anni potranno avere iniziative come quella del vostro progetto?
La scoperta di un tumore è un momento delicato della vita di una donna che si trova ad affrontare dubbi e paure rispetto al percorso di cura. Attraverso questo podcast abbiamo voluto sostenere, insieme a IncontraDonna, un processo di informazione scientifica ed empowerment delle pazienti e dei caregiver poiché crediamo fermamente che i pazienti non devono essere solo i destinatari di terapie, ma diventare protagonisti attivi del loro percorso di cura. Pensiamo dunque che nei prossimi anni sia necessario amplificare l’utilizzo di questi strumenti di empowerment affinché diventino una sorta di cura narrativa che, attraverso il vissuto personale di una paziente, possa trasformarsi in un’esperienza collettiva, preziosa per tante altre donne che si trovano ad affrontare la malattia, rendendole così più informate e maggiormente consapevoli del percorso di cura. 



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