Prevenzione dell’ansia: è realmente possibile?

Alcuni interventi psicologici ed educativi possono prevenire l’ansia in una varietà di popolazioni ed in pazienti di età diverse. Una recente revisione di 29 studi condotti in 4 continenti, infatti, ha riscontrato un modesto ma statisticamente significativo beneficio per la prevenzione dell’ansia in tutte le popolazioni valutate.

Gli studi hanno preso in considerazioni bambini, adolescenti, adulti ed anziani ed ambiti come medicina di base, scuole ed università. Gli interventi preventivi comprendevano terapia cognitivo-comportamentale, psicoeducazione e terapia ACT. I medici dunque devono sapere che l’ansia può essere prevenuta, anche tramite poche sedute di interventi educativi, come affermato da Patricia Moreno-Peral dell’Istituto di Ricerca Biomedica di Malaga.

I disturbi d’ansia sono altamente prevalenti ed impongono carichi sostanziali sui pazienti. Per quanto sussistano trattamenti efficaci per questi disturbi, non tutti i soggetti ansiosi ricevono il trattamento appropriato, e gli studi sulla convenienza economica suggeriscono che il solo trattamento non è sufficiente per eliminare il carico attribuibile alla patologia.

Un modo per ridurre questo carico consisterebbe nel ridurre l’incidenza dei nuovi casi, il che potrebbe essere ottenuto mediante la prevenzione piuttosto che il trattamento. Le revisioni con meta-analisi precedenti sugli interventi per la prevenzione dell’ansia sono state condotte principalmente su bambini ed adolescenti, e gli studi condotti sugli adulti sono stati incentrati su disturbi specifici, come il PTSD, ma nessuna revisione era stata incentrata sull’efficacia degli interventi psicologici o educativi nella prevenzione dell’ansia in una gamma di età e popolazioni.

Gli interventi educativi proposti consistevano nell’offerta di informazioni mediante convegni o volantini, mentre gli interventi psicologici erano definiti come un tentativo di modificare il modo di pensare delle persone mediante una varietà di strategie come ad esempio la terapia cognitivo-comportamentale. (JAMA Psychiatry online 2017, pubblicato il 6/9)

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