Depressione: meglio la terapia per l’ansia della cognitivo-comportamentale?

La terapia metacognitiva (MCT), un approccio psicoterapeutico che mira alla ruminazione persistente ed ai processi di pensiero negativi, ha un effetto importante se impiegata per trattare la depressione, e potrebbe essere offerta come alternativa praticabile alla terapia cognitivo-comportamentale (CBT) che attualmente ne rappresenta il trattamento standard.

Lo ha proposto Roger Hagen della Norwegian University of Scienze and Technology di Trondheim, autore di uno studio su 39 pazienti, secondo cui i risultati dello studio sono incoraggianti, rivelando una riduzione statisticamente significativa sia dei sintomi ansiosi che di quelli depressivi con 10 sessioni di trattamento.

Con i più comuni approcci al trattamento della depressione, come CBT o antidepressivi, i tassi di ripresa sono spesso bassi, e quelli di recidiva elevati, quindi la MCT viene vista come potenziale alternativa. Essa è stata originariamente sviluppata negli anni ’90 per il trattamento dei disturbi d’ansia generalizzati, e si incentra sulla ruminazione che può caratterizzare i problemi psichiatrici. Nella CBT ci si concentra sul contenuto dei pensieri, con medico e paziente che lavorano insieme per esaminarne la validità, mentre con la MCT si tenta di modificare le metacognizioni maladattative.

Per quanto numerosi studi abbiano dimostrato i benefici della MCT per i pazienti con ansia, soltanto pochi hanno investigato questo approccio per la depressione. Un elemento centrale di questo approccio è la cosiddetta sindrome dell’attenzione cognitiva (CAS), che consiste in ruminazione persistente, monitoraggio delle minacce e gestione inefficace del pensiero, una componente chiave che potrebbe includere un’analisi ripetuta di sentimenti negativi e fallimenti passati. La depressione viene interpretata come un’estensione dell’umore depresso derivante da un problema di sovrapensiero e dalla sospensione della gestione attiva, e le strategie specifiche della MCT per contrastare i sintomi di CAS comprendono riattribuzione verbale ed esperimenti comportamentali, come tecniche di addestramento dell’attenzione, consapevolezza distaccata e posposizione della ruminazione.

Secondo i ricercatori, la CAS deriva dalla ruminazione, sia positiva che negativa, e durante la terapia si tenta di aiutare il paziente a constatare che la rumunazione non è incontrollabile, e che non vi sono benefici nel suo impiego per autoregolarsi. (Front Psychiatry online 2017, pubblicato il 24/2)

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