Comprendere come sta evolvendo, grazie all’innovazione terapeutica, la gestione della patologia e dei sintomi nei pazienti con colestasi intraepatica progressiva familiare (PFIC), per i quali l’ultima e unica opzione, in passato, era spesso il trapianto di fegato? Questo l’obiettivo della terza puntata dei talk “Incredibile”, format ideato da Sics con il contributo non condizionante di Ipsen dedicato proprio ad accrescere la conoscenza su questa malattia.
Gli ospiti della terza puntata sono il prof. Mario Masarone, professore associato di Medicina Interna presso l’Università di Salerno; il dr. Angelo Di Giorgio, Ricercatore presso la Clinica Pediatrica dell’università di Udine e il dr. Mauro Viganò, gastroenterologo presso la Gastroenterologia 1 – Epatologia e Trapiantologia, dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo.
“Le colestasi intraepatiche familiari – ricorda il dr. Di Giorgio – sono un gruppo di malattie genetiche caratterizzate da una colestasi cronica, cioè la malattia evolve verso la fibrosi e la cirrosi. La patologia si presenta durante i primi mesi, i primi anni di vita. I bambini affetti da colestasi intraepatica familiare si caratterizzano per un incremento nel sangue degli acidi biliari e per la presenza di un prurito spesso invalidante. Gli acidi biliari sono tossici e questa tossicità va a discapito del fegato, lo porta alla fibrosi, lo porta alla cirrosi e quando il fegato smette di funzionare l’unica opzione terapeutica era il trapianto di fegato. Quindi il primo fabbisogno per questi bambini era trovare una terapia che permettesse di ridurre nel sangue in maniera efficace il livello di acidi biliari. Quanto al prurito, esso compromette la qualità di vita non solo del bambino, ma di tutti i componenti della famiglia. Il bambino non riposa durante la notte e durante il giorno è molto stanco, ad esempio fa difficoltà a frequentare la scuola, a fare i compiti nel pomeriggio. È un sintomo che impatta sulla qualità di vita e anche sulle fasi di apprendimento, sul regolare sviluppo psicomotorio. Quindi il secondo fabbisogno era quello di avere a disposizione dei farmaci che potessero trattare in maniera efficace il prurito: gli antistaminici non sono assolutamente efficaci per il trattamento del prurito nelle colestasi intraepatiche familiari. Fortunatamente oggi con l’arrivo dei nuovi farmaci la realtà è cambiata”.
“Crediamo assolutamente – interviene il dr. Viganò, parlando anche dei pazienti adulti – che questi nuovi farmaci possano non solo modificare in maniera significativa la qualità della vita di questi pazienti, ma anche potenzialmente migliorare la storia naturale della patologia, evitando nella progressione verso gli stadi più avanzati dell’epatopatia. I farmaci di cui discutiamo raggiungono finalmente questo endpoint, modificando in maniera significativa, soprattutto migliorando la qualità della vita di questi pazienti”.
“Ci siamo trovati ad avere nell’armamentario questo nuovo farmaco – ha sottolineato il prof. Masarone – che ha risolto situazioni molto spinose, siamo riusciti a evitare il trapianto in giovani, adulti e anche in un caso in una persona di età avanzata che non aveva mai avuto una vera e propria diagnosi di colestasi progressiva intraepatica familiare, ma che con questa terapia ha risolto una crisi colestatica importante. Quindi c’è un vantaggio sicuramente nell’età pediatrica, ma anche nell’età adulta nel momento in cui si fa una diagnosi tardiva e magari complicata”.
“Questi nuovi farmaci – spiega ancora il dr. Di Giorgio – agiscono in maniera abbastanza semplice ma molto efficace perché gli acidi biliari normalmente vengono prodotti dal fegato arrivano nell’intestino e con una proteina vengono riassorbiti, quindi passano dall’intestino al sangue e rimangono quindi elevati i livelli plasmatici. Questi nuovi farmaci riescono a bloccare a livello intestinale il riassorbimento degli acidi biliari che pertanto non vengono più riassorbiti, non passano dall’intestino al sangue, ma vengono eliminati con l’intestino. L’effetto sarà una riduzione nel sangue dei livelli di acidi biliari. E questo comporta innanzitutto la riduzione e in alcuni casi la risoluzione del prurito. E se il bambino non ha più prurito, riposa durante la notte, frequenta la scuola, fa i compiti al pomeriggio, cioè ritorna ad avere una vita normale e questo è un risultato straordinario. Ma ancora più straordinario è un risultato ottenuto da studi preliminari: la riduzione degli acidi biliari, quindi il trattamento della colestasi, sembra rallentare il decorso della malattia. Quindi se in passato io avevo una malattia che andava avanti ed evolveva verso la cirrosi e l’unica opzione terapeutica era il trapianto di fegato, oggi con questi nuovi farmaci io posso rallentare la progressione della patologia. Studi preliminari dicono che oggi ricorriamo al trapianto in maniera meno frequente rispetto al passato, proprio perché abbiamo questi nuovi farmaci”.
Conferma il dr. Viganò: “Questi inibitori del riassorbimento intestinale degli acidi biliari, in qualche modo hanno una capacità di ridurre molto rapidamente i sintomi, il prurito, la ritenzione degli acidi biliari e ci consentono di toccare con mano quanto sia l’impatto positivo sul singolo paziente”.
“Il panorama delle colestasi intraepatiche familiari – conclude il prof. Masarone – evolve rapidamente, si individuano sempre nuove mutazioni e patologie anche a penetranza ritardata, cioè con manifestazioni più nell’età adulta. Ma per conoscerle c’è bisogno di informazione e oggi è ancora più importante perché abbiamo l’armamentario terapeutico specifico che cambia la storia naturale della patologia”.