Vaccino anti Covid-19: “dal nazionalismo all’equità”. L’articolo del NEJM

Al 13 aprile, secondo quanto riporta il sito Our World in Data, poco più del 24% degli abitanti degli Stati Uniti hanno ricevuto almeno una dose di vaccino anti Covid-19, contro il quasi 16% in Europa, 10% in Sud America, 3,2% nei paesi asiatici e 0,7% in Africa. Gli esperti stimano che l’80% delle persone nei paesi con poche risorse non riceverà un vaccino nel 2021.

In una Perspective pubblicata dal New England Journal of Medicine, i ricercatori dell’Harvard Medical School e del Desmond Tutu HIV Centre, sottolineano la necessità di trattare i servizi medici essenziali come beni pubblici, piuttosto che merci di mercato perché per proteggere la popolazione, anche al livello di singolo Stato, bisogna rafforzare gli sforzi di distribuzione globale dei vaccini.

“Lo sforzo globale per sviluppare vaccini contro il Covid-19 sicuri ed efficaci ha prodotto risultati notevoli, in parte grazie a investimenti precoci e decisivi nella ricerca clinica”, scrivono gli autori. “Ora, ci troviamo di fronte a una realtà angosciante: gli attuali tassi di vaccinazione globale di circa 6,7 ​​milioni di dosi al giorno si traducono nel raggiungimento dell’immunità di gregge (dal 70 all’85% della popolazione che ha ricevuto un vaccino a due dosi) in circa 4,6 anni”.

L’approvvigionamento competitivo precoce di vaccini da parte degli Stati Uniti e l’acquisto da parte di altri paesi ad alto reddito, continuano, “hanno alimentato l’ipotesi diffusa che ogni paese sarà l’unico responsabile della propria popolazione”. Tale nazionalismo vaccinale “è miope, inefficace e mortale”.

Gli autori sottolineano un aspetto che preoccupa da mesi la comunità scientifica: un’immunità che “protegge” solo alcune regioni potrebbe esacerbare l’aumento di varianti che potrebbero alterare l’efficacia dei vaccini.

“Queste disuguaglianze rivelano una visione fondamentalmente imperfetta della salute globale e della nostra economia globale più in generale, in cui i vaccini e i farmaci essenziali sono trattati come un bene di mercato piuttosto che come un bene pubblico”, aggiungono.

E ricordano come queste dinamiche non siano inedite. “Durante il culmine dell’epidemia di HIV la maggior parte dei paesi con poche risorse non poteva accedere alla terapia antiretrovirale salvavita a causa dei prezzi proibitivi fissati dall’industria farmaceutica e della convinzione all’interno delle agenzie delle Nazioni Unite e tra i principali donatori che l’attenzione in questi contesti dovrebbe essere sulla prevenzione anziché sul trattamento”.

Secondo i ricercatori, il programma Covid-19 Vaccines Global Access (COVAX), che fornisce vaccini ai paesi a basso e medio reddito, non è sufficiente. “Attualmente, COVAX prevede di vaccinare almeno il 20% della popolazione dei paesi partecipanti entro la fine del 2021. Sebbene questo sarebbe un risultato sostanziale, è ben lontano dall’obiettivo di garantire l’immunità di gregge globale in modo tempestivo”.

Proprio sulla base delle lezioni apprese dall’HIV, gli autori sostengono che il governo dovrebbe ispirarsi a programmi come il President’s Emergency Plan for AIDS Relief (PEPFAR) e il Global Fund to Fight AIDS, Tuberculosis, and Malaria. “Gli Stati Uniti potrebbero basarsi sul successo di PEPFAR impegnandosi in quello che alcuni esperti hanno definito President’s Emergency Plan for Vaccine Access and Relief (PEPVAR)”.

Il piano potrebbe prevedere un impegno con organizzazioni come “l’Organizzazione mondiale della sanità, ma anche con governi, ministeri della salute e comunità colpite” per accelerare la distribuzione dei vaccini Covid-19.

“Il successo di tali programmi”, sottolineano, “si basa sull’espansione immediata della fornitura di vaccini Covid-19 approvati”. Portano quindi l’esempio di cooperazione orizzontale tra case farmaceutiche: la partnership tra AstraZeneca e il Serum Institute of India, l’accordo tra Novartis e Pfizer-BioNTech.

Ricordano anche però che sono aumentate le pressioni sull’Organizzazione mondiale del commercio affinché consideri una rinuncia TRIPS (Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights) per i vaccini Covid-19 e a questo proposito commentano: “pur riconoscendo che i brevetti forniscono incentivi essenziali per le aziende a investire nella scoperta di farmaci e vaccini, riteniamo che il contesto di una pandemia, combinato con i 18 miliardi di dollari di finanziamenti pubblici che hanno già sostenuto lo sviluppo dei vaccini Covid-19, possa mettere in discussione la protezione brevettuale in questo caso”. 

In sintesi, gli autori scrivono per promuovere una cooperazione globale come “risposta pragmatica per porre fine a una pandemia in cui un virus e le sue varianti attraversano facilmente i confini”.

Bibliografia:

Katz IT, Weintraub R, Bekker LG, Brandt AM. From Vaccine Nationalism to Vaccine Equity – Finding a Path Forward. N Engl J Med. 2021 Apr 8;384(14):1281-1283. doi: 10.1056/NEJMp2103614. Epub 2021 Apr 3. PMID: 33830709.

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