Una nuova arma per la prevenzione del “Fuoco di Sant’Antonio”

L’Herpes Zoster, il cosiddetto “Fuoco di Sant’Antonio” è una dermatite caratterizzata da
eruzioni vescicolari e dolore neuropatico causata dalla riattivazione del virus della varicella
(Varicella Zoster). È incredibilmente comune, basti pensare che ogni anno si ammalano
circa 150 mila italiani. I più colpiti sono gli anziani: un adulto su 4 sviluppa l’Herpes Zoster
nel corso della vita e l’incidenza aumenta con l’età, arrivando al 50% negli over 85. Questo
dato è significativo poiché come ricorda in un incontro digitale sulla patologia il Professor
Roberto Bernabei, Direttore del Dipartimento Scienze dell’invecchiamento, Neurologiche,
Ortopdiche e della Testa-Collo della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli
IRCSS, “viviamo in un mondo che invecchia”.

“Gli anziani sono un target favorito perché hanno un sistema immunitario compromesso o
comunque meno efficiente. Su questa premessa si sviluppa l’Herpes Zoster e soprattutto la
sua complicanza più seria, la Nevralgia post-erpetica – 1/10 ne sono colpiti tra i soggetti
infetti adulti – spesso resistente alla terapia. Altre complicazioni come la localizzazione
oftalmica, le sovrainfezioni batteriche o la paralisi dei nervi periferici fanno dell’Herpes
Zoster un pericolo forte per la qualità della vita, resa dal virus miserevole”, aggiunge
Bernabei.

Gli esperti intervenuti all’incontro sottolineano che la prevenzione non ha età e che
contribuisce in modo significativo al miglioramento della qualità della vita delle persone
anziane. Al momento i tassi di vaccinazione contro l’Herpes Zoster in Italia sono molto
bassi.

Da pochissimo è disponibile in Italia un nuovo vaccino ricombinante adiuvato contro l’HZ
che potrebbe contribuire in modo importante ad un aumento dei tassi di vaccinazione contro
la patologia. La sua efficacia è del 97% e può essere somministrato, contrariamente al
vaccino precedente, anche ai soggetti immunocompromessi.

“Un articolo pubblicato di recente dalla rivista JAMA mostra che il 5% circa della
popolazione americana sia costituita da soggetti immunocompromessi”, osserva Massimo
Andreoni, Professore Ordinario di Malattie Infettive presso l’Università Tor Vergata di
Roma. Sono molte, e non possono essere protette da un vaccino vivo attenuato, come il
vaccino anti-HZ che è stato usato fin ora. Difatti gli Stati Uniti rientrano tra quei Paesi che
hanno sostituito il vecchio vaccino con il nuovo.

In Italia il vaccino è disponibile da un mese e la Lombardia ha fatto da apripista: il 15 aprile
ha indetto una gara per l’approvvigionamento del vaccino. Il 3 maggio GSK si è aggiudicata
a favore della Regione la fornitura del vaccino.

Il ruolo dei medici di medicina generale

Un ruolo fondamentale nella somministrazione del vaccino sarà sicuramente svolto dai
medici di medicina generale, come osserva Tommasa Maio, Segretario Nazionale
Federazione Italiana Medici di Medicina Generale Continuità Assistenziale (FIMMG).

“L’efficacia dei medici di medicina generale in ambito preventivo è ormai storicamente
dimostrata” commenta Maio. “Il Covid ha reso ancora di più evidente questo ruolo: mentre i
dipartimenti di prevenzione in molte regioni hanno sospeso all’insorgere della pandemia le
attività di prevenzione vaccinale, i medici di medicina generale, nei loro 60.000 studi
capillarmente distribuiti sul territorio, hanno continuato a fare counselling, educazione alla
prevenzione delle malattie croniche, a somministrare vaccini agli adulti, attività culminata
in autunno quando siamo riusciti a vaccinare in sicurezza oltre 11 milioni di Italiani per
l’influenza in appena 10 settimane, nonostante si fosse in piena seconda ondata Covid e
nonostante non fossimo stati vaccinati contro il Covid”.

Proprio in virtù della loro presenza capillare nel territorio e della frequenza con cui
incontrano gli assistiti che hanno più di 65 anni (almeno una volta al mese), possono essere
coinvolti in modo ampio nella campagna di vaccinazione contro l’HZ.

Il ruolo dell’Italia

“L’emergenza ci ha insegnato l’importanza di non abbassare la guardia e di preservare i
servizi essenziali per proteggere tutti, dando un nuovo significato alla vaccinazione
dell’adulto come persona di cui proteggere sia qualità di vita che ruolo nella società –
sottolinea Fabio Landazabal, Presidente e AD GSK Italia. – Trasformando le prospettive di
chi è a rischio di Herpes Zoster rinnoviamo la nostra promessa di costruire innovazione
reale per i pazienti, partendo proprio dalle nostre eccellenze di ricerca e produzione in
Toscana da dove il vaccino viene prodotto e distribuito in tutto il mondo”.

L’Italia gioca un ruolo importante nella produzione del vaccino così come è stata
protagonista degli studi che hanno portato alla sua approvazione. Nel Paese, infatti, sono
stati condotti 5 studi clinici registrativi con il coinvolgimento di 47 centri. “La lunga
tradizione italiana in campo vaccinale e di sanità pubblica ha fatto sì che siamo stati e siamo
in prima linea anche nello sviluppo clinico del vaccino”, racconta Giancarlo Icardi,
Professore Ordinario di Igiene presso l’Università di Genova. I diversi trial clinici condotti
confluiscono ora nello studio ZOE LTFU, di follow-up a lungo termine che finirà nel 2023.

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