Un sistema sanitario più equo, sostenibile e futuribile: il modello HEALTH+

Misurare la sanità per migliorarla, secondo indicatori in linea con un contesto in rapido cambiamento, in cui innovazione e sostenibilità sono un binomio sempre più necessario: con questo obiettivo è nato il progetto “Health+”, realizzato su iniziativa di Novartis, con il supporto operativo di IQVIA, per identificare nuovi ambiti di misurazione del Servizio Sanitario Nazionale, facendo leva su buone pratiche internazionali e sul coinvolgimento di un consensus multi-stakeholder. A partire da un’analisi comparativa internazionale, che ha messo l’Italia a confronto con 6 Paesi, Danimarca, Inghilterra, Francia, Germania, Spagna e Canada, il gruppo di esperti coinvolto nel progetto, provenienti da diverse aree del sistema sanitario, della ricerca e della gestione delle politiche sanitarie, ha lavorato alla definizione delle direttrici strategiche e delle priorità di evoluzione per il sistema di monitoraggio delle performance sanitarie in Italia.

Del progetto, che ha portato alla stesura di un Paper, e dei risultati raggiunti si è parlato ieri a Firenze, nella cornice del Forum Leopolda Salute, con Silvia Petracca, Regional Access & Partnership Lead di Novartis Italia, Simone Parretti, Manager RVS Implementation Science IQVIA Italia, Daniela D’Angela, Presidente C.R.E.A. Sanità e docente Università Roma Tor Vergata, Mattia Altini, Direttore generale AUSL Modena e Presidente SIMM e Paolo Petralia, Direttore Generale ASL 4 Liguria.

Health+ è frutto dell’impegno di Novartis a fianco di tutti gli attori del sistema salute, un impegno che si è tradotto nel percorso “Partner per il futuro” avviato nel 2023 per contribuire alla costruzione di un Servizio Sanitario Nazionale più moderno, equo e sostenibile, partendo dall’ascolto delle nuove generazioni. Tra le priorità emerse da questo percorso condiviso, spicca la necessità di aggiornare gli strumenti con cui si valutano le performance della sanità: un tema centrale per Health+, che propone soluzioni concrete per migliorare il monitoraggio del SSN e renderlo più vicino ai bisogni reali delle persone.

“Il progetto Health+ risponde alla nostra volontà, come azienda, di reimmaginare la salute del futuro e contribuire all’evoluzione del SSN verso nuovi modelli, in grado di garantire un accesso equo e tempestivo all’innovazione per i pazienti, realizzando il binomio tra innovazione e sostenibilità”, ha commentato Roberta Rondena, Value&Access Head di Novartis Italia. “L’evoluzione del sistema di monitoraggio delle performance sanitarie rappresenta un passo avanti imprescindibile per favorire una programmazione sanitarie più efficace, sostenibile ed equa. Le soluzioni esistono e il gruppo di esperti coinvolti nel progetto Health+ ha delineato chiare priorità strategiche, che mi auguro possano guidare un cambiamento concreto, a beneficio dei pazienti e dell’intero sistema salute”. 

La metodologia

L’indagine al centro di HEALTH+ ha comparato i Paesi in base a sette dimensioni fondamentali: efficacia, sicurezza, centralità del paziente, accesso, costo, efficienza ed equità. L’analisi ha rilevato margini di miglioramento significativo nell’ambito della centralità del paziente nel monitoraggio sanitario, terreno di analisi in cui l’Inghilterra si distingue come modello di riferimento, grazie alla consolidata cultura del monitoraggio di PROMs e PREMs. Il nostro Paese, insieme a Francia e Canada, presenta inoltre delle limitazioni in termini di ampiezza della tipologia di malattie monitorate. Altri ambiti su cui lavorare, secondo gli spunti emersi dall’indagine, sono il monitoraggio dell’equità e dei percorsi assistenziali, che rappresentano un’area ancora poco sviluppata nella maggior parte dei Paesi analizzati.

“Quest’analisi rappresenta un punto di partenza per ragionare sull’evoluzione del monitoraggio dell’assistenza sanitaria in Italia”, ha dichiarato Simone Parretti. “A oggi, il Servizio Sanitario Nazionale si affida principalmente a due strumenti di valutazione: il Nuovo Sistema di Garanzia (NSG) e il Piano Nazionale Esiti (PNE). Tuttavia, il contesto attuale offre l’opportunità di ampliare il quadro degli indicatori, rendendolo più aderente alle trasformazioni in atto. L’adozione del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) e l’evoluzione del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) stanno migliorando la disponibilità e l’accuratezza dei dati. Allo stesso tempo, la diffusione di nuovi setting assistenziali e la crescente cronicizzazione di numerose patologie impongono il superamento di una misurazione centrata esclusivamente sull’ospedale e sulle acuzie. L’opportunità risiede dunque nell’orientare il monitoraggio verso l’intero percorso assistenziale, valorizzando la continuità delle cure e l’efficacia complessiva dell’intervento sanitario”.

Secondo Parretti, il progetto Health+ parte da una constatazione semplice ma cruciale: “non è necessario reinventare la ruota” per monitorare l’assistenza sanitaria, bensì adattare al contesto italiano le buone pratiche internazionali già in uso in altri Paesi. L’analisi comparativa condotta su sei Paesi, Regno Unito, Francia, Spagna, Germania, Canada e Danimarca, ha permesso di identificare sia gli ambiti prioritari di misurazione sia le modalità di utilizzo dei dati raccolti.

Particolare attenzione è stata riservata all’esperienza del paziente, considerata “elemento cardine del monitoraggio” soprattutto nel modello britannico, e alla capacità di superare i silos tra ospedale e territorio, monitorando l’intero percorso di cura in modo trasversale. Fondamentale anche l’inclusione di indicatori stratificabili per variabili sociodemografiche ed economiche, per integrare la dimensione dell’equità nella valutazione dei servizi sanitari.

Ma il vero salto di qualità, spiega Parretti, è stato possibile grazie al contributo del working group multi-stakeholder, definito “il cuore pulsante del progetto”, che ha permesso di localizzare nel contesto italiano le evidenze internazionali e di rispondere a una domanda cruciale: “perché monitoriamo?”. La risposta, ha detto, deve andare oltre la mera raccolta di dati: “dobbiamo andare oltre al monitoraggio per un monitoraggio fine a sé stesso, ma per abilitare un miglioramento organizzativo e una pianificazione sanitaria efficace”.

La tipologia di indicatori, le modalità di raccolta e condivisione dei dati e le tendenze evolutive dei sistemi di misurazione sono tra i punti focali individuati dal gruppo di lavoro per l’aggiornamento del sistema attuale, con focus sulla centralità del paziente, l’efficacia dei percorsi assistenziali e l’equità nell’accesso alle cure. Come spiegato da Daniela D’Angela, tra le priorità nel breve termine individuate dal gruppo di lavoro c’è il monitoraggio dei processi di cura in ottica preventiva, per intercettare il paziente sin dalle fasi iniziali della patologia. È importante coinvolgere attivamente il paziente stesso, con strumenti come i PREM (Patient‑Reported Experience Measures) che, “ad oggi sono disponibili, sebbene con una diffusione a macchia di leopardo”.

Serve spostare l’attenzione verso l’intero percorso assistenziale del paziente, includendo anche le fasi precedenti e successive alla cura vera e propria. Questo significa partire dalla prevenzione primaria e arrivare fino al monitoraggio post-intervento, valutando come il paziente vive e percepisce il percorso nel suo complesso. “Non si tratta solo di guardare alla componente clinica e agli esiti ospedalieri nella fase acuta – ha spiegato – ma di considerare un esito in toto del percorso di cura”.

Nel medio periodo, D’Angela ha ricordato l’importanza di adottare un modello integrato di salute, in ottica One Health. “L’antibiotico‑resistenza ci insegna che non possiamo prescindere dal considerare questi aspetti”, ha detto sottolineando che una popolazione sempre più anziana e con cronicità diffuse richiede una visione più ampia delle determinanti della salute. Un altro fattore chiave è la stratificazione della popolazione per rischio: “un approccio di health population management che ci consenta di intercettare la popolazione, stratificarla per rischio e quindi far entrare tempestivamente nel percorso di cura del paziente”.

Infine, sul lungo periodo, rimane centrale l’interoperabilità dei sistemi informativi. “Tutto questo non si può fare se non c’è un’interoperabilità dei sistemi informativi che non deve quindi solo limitarsi ai flussi informativi del SSN, ma deve integrarsi con quelli della medicina di famiglia … e ancora andare a integrarli anche con quei flussi che riguardano la componente animale e ambientale”. Questo orizzonte permetterà di costruire un sistema sanitario più equo, sostenibile e proattivo.

I risultati

Health+ ha individuato tre strumenti chiave per migliorare il Ssn italiano:

  • Modelli predittivi: la stratificazione della popolazione e il Population Health Management permettono di intervenire tempestivamente, riducendo costi e sprechi sanitari;
  • Monitoraggio dei risultati e dei processi di cura, per migliorare l’appropriatezza della presa in carico e la continuità assistenziale.
  • Ascolto dell’esperienza dei pazienti (PREMs), per migliorare l’aderenza ai percorsi di cura, della qualità percepita e favorire una sanità più vicina ai bisogni reali.

I risultati mostrano, nel contesto attuale, l’urgenza di rivedere gli attuali modelli organizzativi e di valutazione della sanità, per garantire l’accesso dei pazienti all’innovazione. Passare da una logica di breve termine a una di più lungo termine è stato il file rouge dell’analisi condotta, che evidenzia la necessità di un’evoluzione dei modelli di monitoraggio concentrati sull’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e sulla valutazione delle performance clinico-assistenziali.

Come ben descritto da Mattia Altini, “si governa ciò che si misura”. Il dato rappresenta quindi “lo strumento col quale noi possiamo annodare un filo rosso nelle dinamiche del percorso di cura”.

Per affrontare le trasformazioni in corso, è necessario superare una visione frammentata del sistema e guardare alla “traiettoria del paziente”, che attraversa ospedale, territorio e cure primarie. La medicina generale, in particolare, deve essere valorizzata come nodo strategico per fotografare i bisogni dei cittadini, stratificare la popolazione e definire i percorsi ideali di presa in carico. In un contesto in cui nuovi luoghi di cura come le Case della Comunità, le COT e l’assistenza domiciliare stanno assumendo un ruolo centrale, diventa prioritario “ricollocare il bisogno giusto nel luogo giusto”. Un obiettivo che si può raggiungere solo attraverso una raccolta e lettura dei dati che sia condivisa tra tutti i professionisti, grazie a sistemi informativi interoperabili. “Tutti i professionisti devono poter inserire e leggere i dati – conclude Altini – per accompagnare le organizzazioni con informazioni di ritorno utili a valutare e incentivare le performance”.

Dalla teoria alla pratica. Rendere applicabile un modello virtuoso

“Applicare una progettualità interdisciplinare e interprofessionale come quella di Health+ è la sfida che ci attende”, ha detto Paolo Petralia. E il primo passo fondamentale, spiega, è quello di partire da progetti pilota che racchiudano “la complessità di tutte le dimensioni”, offrendo così esempi concreti, replicabili ed esportabili. Al centro dell’approccio, l’utilizzo della misurazione come strumento di governo, in grado di generare evidenze utili per coinvolgere i professionisti e guidare il cambiamento. “È a partire dall’evidenza che noi saremo in grado di farci seguire dal sistema dei nostri professionisti e dei nostri stakeholder”. L’obiettivo finale è costruire modelli realmente equi e sostenibili, capaci di intercettare i bisogni reali dei territori e trasformarli in buone pratiche di sistema.

M.C.

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