
Il nanofarmaco ha già dimostrato di far regredire il tumore del polmone nel doppio dei pazienti rispetto al trattamento standard e oggi potrebbe dunque rappresentare una svolta anche come terapia di mantenimento, successiva alla chemioterapia iniziale, cercando di migliorare così in modo significativo la sopravvivenza proprio in una delle forme più aggressive, tipica dei fumatori. L’Italia ricopre un ruolo di primo piano, con la guida di Cesare Gridelli, Direttore del Dipartimento di Onco-Ematologia dell’Azienda Ospedaliera Moscati di Avellino.
“Le prospettive aperte da nab-paclitaxel, associato a carboplatino, un altro farmaco chemioterapico, stanno già cambiando la terapia standard”, spiega Gridelli, che è anche presidente della Associazione Italiana Oncologia Toracica. “In particolare si è registrata una regressione delle dimensioni del tumore nel 41% dei pazienti”. Alla luce di questi dati, spiega, ”abbiamo deciso di verificare con un altro studio l’efficacia della molecola come terapia di mantenimento successiva alla combinazione. Oggi, in questo tipo di tumore del polmone, dopo 4/6 cicli di chemioterapia si sospende il trattamento e la sopravvivenza è di circa un anno. Stiamo verificando in questo studio se la terapia di mantenimento è invece in grado di mantenere il risultato ottenuto con la chemioterapia iniziale, con prospettive importanti”. Il fumo di sigaretta è il più importante fattore di rischio per il carcinoma del polmone. La probabilità di svilupparlo è più alta di 14 volte nei tabagisti rispetto ai non fumatori.
