Affrontare un tumore è un’esperienza complessa, che coinvolge non solo la dimensione fisica, ma anche quella psico-emotiva, sociale e persino finanziaria. Nel caso del carcinoma mammario triplo negativo, questa complessità aumenta: si tratta di una forma aggressiva, con opzioni terapeutiche più limitate e una prognosi più sfidante. È ed è per supportare pazienti e caregiver in tutte le fasi della diagnosi, del trattamento e del follow-up che è stato concepito il Patient Journey, un documento che, attraverso un approccio multidisciplinare, integra aspetti clinici, genetici, psicologici e sociali. Il Patient Journey è, quindi, una vera e propria bussola, capace di guidare la paziente e i suoi caregiver lungo l’intero percorso di cura, offrendo chiarezza e strumenti concreti per affrontare ogni fase.
Il prossimo step: indagare la tossicità finanziaria
“Il Patient Journey è un progetto straordinario: per la sua redazione ci sono voluti ben 17 mesi”, spiega Rosaria Iardino, Presidente della Fondazione The Bridge. Ma non si tratta, precisa, di un punto d’arrivo: “Per noi rappresenta un punto di partenza. Non solo ci occuperemo della diffusione del documento, ma approfondiremo alcune delle principali criticità emerse dai racconti delle stesse pazienti. Tra queste, spicca la tossicità finanziaria. Vogliamo indagare le condizioni socio-economiche in cui si trova una donna dopo la chirurgia e al termine delle terapie oncologiche. Sarà una donna povera? Povera economicamente, affettivamente, sessualmente? È necessario trovare il coraggio per affermare che le persone con un tumore non possono essere identificate con la loro malattia. Sono molto altro”.
Un linguaggio semplice per affrontare un percorso complesso
A raccontare come è nato il Patient Journey e cosa contiene è Luisa Brogonzoli, Coordinatrice del Centro Studi della Fondazione The Bridge. “Si tratta di un documento di facile comprensione, rivolto a pazienti e caregiver. Mostra tutti i passi che chi riceve una diagnosi di cancro alla mammella deve compiere. Alla sua stesura hanno partecipato tantissimi professionisti – clinici, metodologi, esperti di comunicazione – per definire i migliori percorsi di cura, secondo le linee guida più accreditate a livello internazionale”. Brogonzoli sottolinea come il Patient Journey traduca in forma chiara e visiva l’intero percorso di cura, dalla prevenzione al follow-up, distinguendo i diversi tipi di carcinoma (precoce o metastatico). “Abbiamo voluto creare uno strumento semplice, ma scientificamente solido, utile per orientarsi nei momenti di maggiore confusione. C’è anche un glossario, perché spesso le pazienti si trovano di fronte a termini difficili da comprendere. Il nostro obiettivo è aiutare a vivere meglio, per quanto possibile, il percorso di cura”.
Il tumore triplo negativo: una sfida clinica e umana
Per comprendere l’importanza di un percorso dedicato, occorre guardare da vicino la complessità del carcinoma mammario triplo negativo. “È una forma che si caratterizza per l’assenza dei recettori per estrogeni, progesterone e HER2 – spiega Laura Cortesi, Professore Associato di Oncologia all’Università di Modena e Reggio Emilia –. Questi elementi sono fondamentali per scegliere la terapia più mirata. Non averli significa dover ricorrere a trattamenti più generici, come la chemioterapia, o, più recentemente, l’immunoterapia”. Una carenza che pesa anche sulla prognosi. “Il triplo negativo rappresenta circa il 17% dei tumori al seno e ha una prognosi più sfavorevole rispetto ad altri sottotipi – continua Cortesi –. Per questo è fondamentale un percorso di cura multidisciplinare, che coinvolga non solo l’oncologo ma anche genetisti, chirurghi, psico-oncologi e altri specialisti. I dati ci dicono che i team multidisciplinari migliorano significativamente la sopravvivenza delle pazienti”. La conoscenza della predisposizione genetica, in particolare delle mutazioni BRCA1 e BRCA2, è un altro tassello essenziale: permette di impostare strategie preventive e terapeutiche personalizzate, in grado di migliorare la sopravvivenza, anche nelle fasi più avanzate della malattia.
Prevenzione e diagnosi precoce: i primi alleati
“Il tumore della mammella si può prevenire – ricorda Pietro Panizza, Primario di Radiologia Senologica all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano -. La prevenzione primaria si basa su stili di vita sani – attività fisica, alimentazione equilibrata, niente fumo né eccessi di alcol -, mentre la prevenzione secondaria si realizza attraverso la diagnosi precoce. I programmi di screening con mammografia sono l’unico strumento che ha dimostrato di ridurre la mortalità fino al 40% tra le donne che vi aderiscono”. Panizza sottolinea anche l’importanza dei programmi di sorveglianza dedicati alle donne ad alto rischio di contrarre tumore mammario nel corso della vita, come ad esempio le portatrici di mutazioni genetiche, che consentono diagnosi più precoci, riducendo la mortalità, migliorando la sopravvivenza e la qualità di vita.
Più le donne sono giovani, più i percorsi sono complessi
Tra le voci più sensibili a questo tema, soprattutto nei casi in cui a ricevere la diagnosi è una donna molto giovane, spicca quella di Adele Sgarella, Direttore della UOC di Chirurgia Generale III a indirizzo Senologico del Policlinico San Matteo di Pavia. “Il tumore triplo negativo è particolarmente difficile per le giovani pazienti, che spesso hanno già una storia familiare di malattia. Rivivere quel dolore, a un’età in cui si costruisce la vita, rende tutto più complesso. È fondamentale che queste donne vengano seguite in centri di riferimento specializzati, dove la multidisciplinarietà non sia solo un principio, ma una pratica quotidiana. Nel core team – aggiunge – non ci sono solo oncologi e chirurghi, ma anche genetisti, psicologi e consulenti per il counseling post-test. Il supporto psico-oncologico è essenziale, così come la comunicazione empatica. Ogni decisione clinica deve tenere conto del vissuto della paziente”.
Il valore insostituibile delle Associazioni
Nel percorso di cura, il supporto delle Associazioni di pazienti rappresenta un pilastro sempre più riconosciuto. “Il ruolo delle associazioni, e in particolare di reti come la Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO), è cresciuto nel tempo fino a diventare parte integrante dei processi decisionali – spiega Elisabetta Iannelli, Segretario Generale FAVO -. Informare pazienti e caregiver sui diritti sociali, lavorativi e assistenziali è fondamentale. Le associazioni non offrono solo sostegno emotivo, ma anche strumenti concreti per vivere meglio la malattia e non sentirsi soli”.
Comunicare per curare
A chiudere il cerchio è la riflessione di Mauro Boldrini, Direttore della Comunicazione di AIOM, che riporta l’attenzione sul valore della parola. “La comunicazione è parte integrante della cura. Dobbiamo parlare con le pazienti, con i caregiver, con i medici di famiglia. Strumenti come il Patient Journey possono davvero fare la differenza. È importante spiegare che il tumore non è più una condanna, neppure nelle forme avanzate. Oggi molte malattie oncologiche si possono cronicizzare, e la comunicazione corretta, certificata, senza trionfalismi – conclude – aiuta a restituire fiducia e speranza”.
Il Patient Journey dedicato al carcinoma mammario triplo negativo non è solo un documento informativo, ma uno strumento di empowerment per pazienti e caregiver. Grazie a un approccio multidisciplinare, all’integrazione tra clinici e associazioni di pazienti e alla chiarezza delle informazioni, questo percorso rende più gestibile una malattia complessa, restituendo alle donne consapevolezza, sicurezza e speranza.
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