
Il donatore era un uomo sieropositivo di 55 anni morto in seguito a emorragia cerebrale. L’infezione da HIV era sotto controllo, con una carica virale sotto le 50 copie/ml negli ultimi tre anni e un numero di CD4+ oltre 200 cellule per millimetro cubo di sangue negli ultimi sei anni. I reni sono stati donati a un uomo di 60 anni di colore e di origini caraibiche che era in lista d’attesa da 563 giorni e un altro uomo di 45 anni, in lista da 306 giorni.
Il primo paziente avrebbe richiesto dialisi dopo il trapianto. Il quinto giorno, inoltre, una biopsia al rene avrebbe trovato un rigetto mediato da cellule T e arterite. Il paziente avrebbe poi risposto bene a opportuno trattamento. Il trapianto ha invece funzionato bene da subito nel secondo paziente, dimesso dopo otto giorni dall’intervento. A due anni dal trapianto, entrambi i pazienti starebbero bene e l’infezione da HIV continuerebbe a essere sotto controllo.
“Le nuove terapie antiretrovirali hanno trasformato la qualità di vita delle persone infette e l’HIV è diventata ormai una malattia gestibile, così i pazienti hanno la possibilità di avere accesso a trattamenti come il trapianto d’organo o donare i proprio organi dopo la morte”, ha sottolineato Hilton alla Reuters Health. Inoltre, secondo la ricercatrice, questa pratica “potrebbe aiutare a risolvere il problema delle lunghe liste d’attesa, almeno tra i pazienti sieropositivi”, ha concluso.
Fonte: Clinical Kidney Journal
Autore: Anne Harding
(Versione italiana Quotidiano Sanità/ Popular Science)
