Taser: può provocare arresto cardiaco?

Da settembre 2018 la Taser (pistola elettrica) è entrata in uso alle Forze dell’Ordine anche nel nostro paese.  70 agenti in dodici città d’Italia (Milano, Napoli, Torino, Bologna, Genova, Firenze, Palermo, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia e Brindisi) sono stati addestrati all’uso della taser. Il modello che fornito è il TX2 prodotto dalla ditta Axon (che fino allo scorso anno si chiamava Taser) che da qualche tempo opera anche in Europa. Il Viminale ha diramato un documento dal titolo “Linee guida tecnico-operative sull’avvio della sperimentazione della pistola elettrica denominata Taser modello X2” per iniziare a formare le forze dell’ordine in merito a questo nuovo strumento. Considerata un’arma propria il Taser,: “Può essere utilizzato esclusivamente nei casi previsti dalla vigente normativa per l’uso delle armi. L’utilizzo dell’arma in argomento è alternativo a quello dell’arma da fuoco, nei casi in cui sia necessario immobilizzare temporaneamente il soggetto”. La pistola va prima mostrata senza essere estratta, se il soggetto persiste il suo intento criminoso allora l’agente è autorizzato a impugnarla e a sparare il colpo. Nello stesso documento, poi, si precisa che bisogna tenere in considerazione: “La condizione di vulnerabilità del soggetto da colpire e nello specifico un evidente stato di gravidanza o disabilità motoria; o ancora, nel caso ci sia rischio di incendi, esplosioni o il soggetto sia ricoperto di liquidi infiammabili”. Fino ad oggi il taser in Italia è stato usato in 48 interventi e in nessun caso si sono avute conseguenze di tipo sanitario per le persone colpite.

Le pistole elettriche Taser  sparano due freccette collegate tramite dei fili elettrici che producono una scarica ad alta tensione (in genere 50.000 volt), ma a bassa intensità (6 milliampere), rilasciata in brevissimi impulsi ravvicinati (impulsi di  5 microsecondi a un ritmo di circa 20 impulsi al secondo) per una durata massima di 5 secondi . Per ottenere l’immobilizzazione entrambe le freccette devono colpire il bersaglio e ciò causa una contrazione involontaria dei muscoli. La distanza consigliata per colpire il soggetto da immobilizzare deve mantenersi tra 2 e 4,5 metri.

Esiste tuttavia un potenziale rischio di decesso da arresto cardiaco correlato all’uso della pistola elettrica Taser che potrebbe involontariamente causare un’aritmia e quindi provocare un decesso non voluto da parte di chi la usa.

Dal 2001, data di acquisizione dal Taser nel Nord America, ci sono stati decine di morti conseguenti all’uso della TASER. Può essere letale soprattutto per quegli individui che già hanno patologie cardiache congenite o acquisite (canalopatie aritmogene tipo Sindrome del Q-T Lungo). Inoltre potrebbe interferire con alcuni dispositivi medici impiantati, tipo il pacemaker o il defibrillatore (ICD). Persone anche senza problemi cardiaci possono perdere la vita se colpiti da questa arma (bambini, anziani sopra i 65 anni e donne in gravidanza. Tra le categorie più vulnerabili sono compresi anche coloro che hanno assunto farmaci, in particolare psicofarmaci, alte quantità di alcol e droghe (in particolare cocaina). Gli antipsicotici come le fenotiazine piperaziniche e la clotiapina allungano l’intervallo Q-T causando una Sindrome del Q-T lungo iatrogena e predispongono al rischio di arresto cardiaco da fibrillazione ventricolare. Inoltre gli stabilizzanti dell’umore (litio, valproato, carbamazepina, oxcarbazepina, lamotrigina) esercitano delle influenze sulla ripolarizzazione ventricolare e la loro assunzione assieme a antipsicotici e antidepressivi potrebbe causare effetti proaritmici (litio o antiepilettici). L’intervallo Q-T è influenzato anche dal metadone.

Ad oggi non esistono studi scientifici su ampie casistiche. Tuttavia la Taser è già stata oggetto di alcune pubblicazioni scientifiche. Una autorevole pubblicazione nel maggio 2012 sulla rivista Circulation dal titolo “Sudden Cardiac Arrest and Death Associated with Application of Shocks from a TASER Electronic Control Device” del dottor D. Zipes dell’Università di Indianapolis, ha preso in esame i casi di 12 persone immobilizzate dalla pistola Taser che avrebbero subito nelle ore successive degli arresti cardiaci, in alcuni casi rivelatisi fatali. Questi arresti cardiaci documentati sarebbero stati causati da una tachicardia ventricolare o una fibrillazione ventricolare. Nel 2016 il gruppo di ricercatori guidato dal prof Mark W Kroll ha pubblicato sulla rivista Circulation una analisi sui 12 decessi sospetti dal titolo “Taser Electronic Control Devices and Cardiac Arrest: Coincidental or Causal?” affermando che in tutti i casi esaminati l’arresto cardiaco era stato determinato da una coincidenza. Il dibattito scientifico è quindi aperto e soprattutto solo all’inizio. Allo stato attuale dal punto di vista medico-scientifico si puo’ affermare che prima di autorizzare l’uso della Taser è necessario che gli agenti seguano un corso specifico di addestramento. Evitare di colpire alcune parti del corpo particolarmente sensibili come il volto e la zona precordiale, sospettare un arresto cardiaco o un arresto respiratorio se il soggetto dopo il colpo non si muove nei minuti successivi. Chiamare il 118/112 dopo ogni intervento con il taser e essere pronti a rianimare il soggetto anche con l’uso di un defibrillatore semiautomatico.

di Maurizio Santomauro

Dirigente Medico Cardiologo
Dipartimento di Emergenze Cardiovascolari,
Medicina Clinica e dell’Invecchiamento
AOU Federico II Napoli
Presidente Nazionale GIEC

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