
Pubblicata sulla rivista Cortex, la ricerca spiega che, studiando i potenziali elettrici cerebrali, si è riusciti a dimostrare come la capacità di elaborare coscientemente degli stimoli visivi aumenta in modo significativo, quando l’osservazione attiva del mondo esterno non viene guidata da aspettative probabilistiche e temporali rigidamente definite. Il cervello quindi è come se potenziasse il livello di coscienza, amplificando e prolungando, nella corteccia visiva secondaria, la durata delle fasi di immagazzinamento e di elaborazione delle tracce degli stimoli visivi, che precedono l’elaborazione cosciente.
”La serendipità sembra quindi prodursi – spiega Doricchi – quando l’attenzione di un osservatore attivo non è strettamente focalizzata su ciò che, in base all’esperienza passata, ci si aspetta di osservare in futuro”. Questi risultati forniscono quindi la prima descrizione dei meccanismi neurali e cognitivi che sono alla origine delle scoperte di tipo ”serendipico”. Tra i primi a usare il termine serendipità è il fisiologo Walter Bradford Cannon, che la definì come ”la facoltà di trovare le prove a sostegno di un’ipotesi in modo del tutto inaspettato, o la capacità di scoprire nuovi fenomeni o relazioni tra fenomeni diversi, senza avere avuto l’esplicita intenzione di scoprirli”.
