Sustainable Nutrition Scientific Board/3: il primo progetto di ricerca entra nella fase finale

La diffusione delle malattie non trasmissibili, come l’obesità ed il diabete, è in preoccupante aumento. È evidente che le linee guida nutrizionali attualmente applicate a livello internazionale non stanno dando i risultati attesi dal punto di vista nutrizionale. Questa osservazione, insieme alla convinzione di dover considerare anche gli impatti ambientali e sociali della produzione alimentare, ha spinto gli esperti del Sustainable Nutrition Scientific Board (SNSB) a promuovere un nuovo approccio scientifico alla nutrizione sostenibile, che si fonda sull’adozione di metodologie di ricerca interdisciplinari e basate sui sistemi complessi.

Grassi saturi – Bisogna aggiornare le linee guida?
Intervenendo al Simposio organizzato dal SNSB nell’ambito dell’ultimo Congresso dell’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN), svoltosi nell’autunno 2020, la Prof. Joanne Slavin, docente di Nutrizione Umana presso il Dipartimento di Scienze dell’Alimentazione e della Nutrizione dell’Università del Minnesota, ha osservato che la scienza della nutrizione si basa tradizionalmente su metodologie di ricerca che isolano l’effetto di un singolo nutriente e che non è semplice spostare il focus dai nutrienti al sistema alimentare nel suo complesso. Ma comprendere come le diverse componenti chimiche all’interno degli alimenti interagiscono tra loro e con quelle presenti negli altri alimenti assunti con la dieta ed acquisire maggiori conoscenze sulle funzioni dei vari nutrienti è fondamentale per determinare le varie relazioni causa effetto e trarre conclusioni attendibili ed utili ad elaborare linee guida e raccomandazioni più accurate.

La Prof. Slavin ha descritto il caso dei grassi saturi analizzato nell’ambito del primo anno di attività del SNSB. Secondo l’esperta, che ha partecipato alla stesura dell’edizione 2010 delle Linee guida nutrizionali statunitensi, le linee guida internazionali insistono sulla necessità di limitare il consumo di grassi saturi, nonostante ormai sia evidente che sarebbe più corretto considerare la composizione complessiva dei macronutrienti e il ruolo della matrice alimentare. L’analisi dalla più recente letteratura scientifica internazionale conferma che non ci sono prove solide che gli attuali limiti al consumo di grassi saturi al 10% dell’apporto calorico giornaliero prevengano le malattie cardiovascolari o riducano la mortalità e che le raccomandazioni dietetiche dovrebbero essere piuttosto focalizzate sulla scelta del tipo di alimento. I risultati della review sono stati pubblicati sulla rivista European Journal of Internal Medicine (Sustainable and personalized nutrition: From earth health to public health, C. Agostoni, S. Boccia, S. Banni, P.M. Mannucci, A Astrup DOI:https://doi.org/10.1016/j.ejim.2021.02.012).
In argomento quindi il SNSB ha assunto una posizione molto chiara: è giunto il momento di rivedere le raccomandazioni internazionali sulla limitazione al consumo di grassi saturi. Occorre naturalmente distinguere le strategie di nutrizione sostenibile rispetto agli interventi dietetici nei programmi di prevenzione secondaria. Ma in generale gli acidi grassi saturi andrebbero rivalutati come fonte di energia ampiamente accessibile, economica, sostenibile e adattabile a stili di vita diversi.

La correlazione non implica causalità
Nel suo intervento il Prof Yamir Moreno (Università di Zaragoza), fisico tra i tra i massimi esperti mondiali di sistemi complessi e biocalcolo, ha approfondito gli aspetti metodologici del progetto di ricerca del SNSB, spiegando che solo con modelli di analisi matematica molto sofisticati si è in grado a tener conto delle numerose variabili in gioco quando si passa ad un approccio olistico. Gli studi osservazionali, spesso oggetto di attenzione anche da parte dei media, non sempre considerano importanti fattori di confondimento come la localizzazione geografica, la cultura, la genetica, le risposte individuali, correndo il rischio di attribuire a due fattori che mostrano una correlazione un rapporto causa-effetto che in realtà non esiste. La semplice osservazione e registrazione delle diete alimentari seguite dai soggetti non è sufficiente e la correlazione non implica causalità, implica semplicemente una connessione o una relazione.
Da qui nasce l’esigenza di rivedere il modo in cui raccogliamo i dati, analizziamo e interpretiamo i risultati e li traduciamo in linee guida per una alimentazione sana e sostenibile. Discipline di frontiera apparentemente del tutto estranee alla scienza della nutrizione, come i sistemi complessi, la scienza delle reti, l’intelligenza artificiale e i big data per citarne solo alcuni, sono in grado di aiutare la ricerca ad interpretare correttamente la massa di dati disponibili quando entrano in gioco così tanti fattori confondenti.

Le fasi della ricerca sugli oli vegetali
Il progetto di ricerca del SNSB si compone di tre fasi: la prima consiste nella raccolta, organizzazione e strutturazione dei dati per costruire un database molto dettagliato. Questa grande mole di dati sarà poi analizzata per ottenere una descrizione accurata del modo in cui la composizione chimica dei prodotti alimentari si relaziona e influisce sul rischio di sviluppare malattie non trasmissibili come il diabete e l’obesità. La terza e ultima fase, da completare nel 2022, prevede la realizzazione di un progetto pilota il cui l’obiettivo sarà quello di testare i risultati definiti nella seconda fase ed elaborare raccomandazioni utili per la definizione di policy sostenibili dal punto di vista nutrizionale, socio-economico e ambientale.

La nutrizione sostenibile impone l’abbandono di dogmi ingiustificati e un approccio personalizzato e di precisione. La malnutrizione, intesa sia come carenza che come eccesso di cibo, va affrontata anche in un’ottica di sostenibilità per superare le disuguaglianze a livello globale.
E dal punto di vista della sostenibilità, tra gli oli vegetali l’olio di palma sembra essere una opzione molto efficiente. L’olio di palma è già oggi la quarta fonte di calorie al mondo, è ricco di nutrienti e la sua produzione interessa appena il 10% della superfice agricola destinata alle colture oleaginose, pur rappresentando ben il 35% della produzione totale di oli vegetali. Una volta completata anche la mappatura in corso degli impatti ambientali e sociali per tutte le colture oleaginose il SNSB sarà in grado di effettuare una valutazione più accurata mettendo a sistema tutte le informazioni e i dati raccolti.

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