
I risultati dello studio
Secondo i dati raccolti, il problema del restringimento del dotto biliare si sarebbe risolto nel 92,6% dei pazienti ai quali era stato impiantato uno stent metallico, contro l’85,4% delle persone con stent plastico. Inoltre, la risoluzione della stenosi era stata più veloce nei pazienti con cSEMS, con una media di 181 giorni rispetto ai 225 giorni necessari per curare il restringimento con stent plastici. Anche il numero di colangiografie è stato inferiore: 2,14, in media, per lo stent metallico ricoperto, contro 3,24, per quello plastico. E anche se le recidive erano più frequenti tra chi aveva ricevuto lo stent metallico, le differenze non risultavano statisticamente significative. Nessun paziente, comunque, è dovuto andare incontro a rimozione dello stent o ha subito un restringimento indotto dal dispositivo, tale da richiedere un ulteriore trattamento. La ‘migrazione’ dello stent, invece, è stata una complicanza più comune tra i pazienti con cSEMS rispetto a quelli con stent plastico.
Cote è dunque a favore dell’utilizzo di cSEMS, per lo meno quando la stenosi, normalmente larga 6 millimetri o più, è grande abbastanza da poter inserire un dispositivo metallico. “È il caso delle stenosi benigne conseguenti ad asportazione della colecisti o dovute al trattamento di pancreatiti croniche – ha spiegato Cole -. E spesso è una condizione rilevabile nei pazienti che sono andati incontro a anastomosi biliare, normalmente a seguito di un trapianto di fegato”.
Fonte: JAMA
Will Boggs MD
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
