Social freezing: 40% delle donne che lo fanno diventa mamma

Più del 40% delle donne che hanno scelto di congelare i propri ovociti a 30 anni sono riuscite ad avere un bambino più tardi nella vita, quando sono tornate nel centro per la fertilità al quale si erano rivolte per il ‘social freezing’. Lo rivela una ricerca presentata al 39° meeting annuale della European Society of Human Riproduzione ed embriologia (ESHRE) in corso a Copenhagen.

La ricerca è stata presentata da Ezgi Darici del Center for Reproductive Medicine presso l’Universitair Ziekenhuis Brussel (Belgio), che ha evidenziato: “Un numero crescente di donne sceglie di congelare i propri ovuli nella speranza che ciò consentirà loro di avere figli più avanti nella vita. Tuttavia, mancavano prove sull’efficacia di questa strategia. A nostra conoscenza, questo è uno delle prime e più ampie analisi sugli esiti riproduttivi nelle donne che hanno congelato gli ovociti in un centro di fertilità europeo”.

Lo studio ha incluso 843 donne sottoposte a crioconservazione degli ovociti per motivi non medici tra il 2009 e il 2019. La loro età media (media) al tempo del prelievo era 36 anni e la maggioranza non aveva partner. Entro maggio 2022, 231 (il 27%) delle donne avevano fatto ritorno al centro specialistico, quando avevano una media di 40 anni e la la maggioranza aveva un partner.

Un totale di 110 delle 231 donne che sono tornate alla clinica (48%) ha utilizzato i propri ovociti congelati come parte del proprio trattamento di fertilità. Cinquanta (il 22%) hanno proceduto con l’inseminazione intrauterina e 71 (il 31%) hanno optato per la fecondazione in vitro utilizzando ovociti freschi (forse per una motivazione economica, ha spiegato l’esperta, legata al fatto che in Belgio i trattamenti di questo tipo sono gratuiti) L’età media delle donne che hanno utilizzato ovociti congelati era di 42 anni mentre l’età media delle donne che hanno usato ovociti freschi era 39 anni. La percentuale complessiva di donne che hanno dato alla luce un bambino su tutte le 231 donne (il cosiddetto tasso cumulativo di nati vivi perché include tutti i nati vivi dopo uno qualsiasi dei trattamenti di fertilità) era del 46% (106 donne su 231). Il tasso di aborto spontaneo è stato del 31%.

Tra le donne sottoposte a trattamento che coinvolgeva i loro ovuli congelati, il 41% ha avuto bambini. Fra quelli che hanno ricevuto un trattamento con ovuli freschi, il 48% ha avuto bambini. I tassi di aborto spontaneo erano del 25% in quelli che utilizzavano uova congelate e il 29% in coloro che utilizzavano uova fresche.

Per il presidente dell’Eshre, Carlos Calhaz-Jorge del Centro Ospedaliero di Lisbona Nord e Hospital de Santa Maria di Lisbona (Portogallo), “l’obiettivo del social freezing è mitigare il rischio di infertilità in età avanzata. Questo studio suggerisce che gli ovociti congelati possono essere utili per le donne infertili più avanti con l’età; ora serviranno più dati per stabilire linee guida per le giovani donne che stanno valutando la possibilità di congelare i loro ovociti”.

Secondo Laura Rienzi, professore associato presso il Dipartimento di science biomolecolari all’Università ‘Carlo Bo’ di Urbino e direttore scientifico del gruppo Genera, il più grande in Italia specializzato in medicina della riproduzione, dove questo tipo di trattamenti è in aumento di circa il 20% anno su anno, “il dato del 27% delle pazienti che torna ad anni di distanza dal congelamento degli ovociti in un centro specializzato è in crescita rispetto alle ultime evidenze, che parlavano del 9-15%. Un dato positivo, dunque, ricordando sempre che l’obiettivo della preservazione della fertilità non è quello di utilizzare per forza quegli ovociti, ma di avere creato un ‘tesoretto’ di gameti che consenta alla donna di vivere la sua vita con serenità, sempre considerando che una gravidanza oltre i 44-45 anni comporta rischi ostetrici. Ad oggi quello del congelamento è l’unico strumento nelle mani delle donne. Nella mia visione la cultura della prevenzione dell’infertilità dovrebbe entrare nelle scuole, sensibilizzando i ragazzi non solo sulla contraccezione, ma anche sulla difesa del loro potenziale riproduttivo, e la medicina della riproduzione dovrebbe far parte a tutti gli effetti di un percorso di prevenzione e predittività che vada dalla giovane età, fino alla nascita dei figli e anche oltre”.

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