Seno: i tumori “di intervallo” sono spesso più aggressivi

(Reuters Health) – Uno studio retrospettivo canadese ha riscontrato che i tumori al seno di intervallo (IBC) – ovvero rilevati nell’intervallo di tempo tra gli screening mammografici di routine – spesso sono più aggressivi e hanno più probabilità di portare al decesso rispetto a quelli scoperti durante gli screening (SBC).

Un gruppo di ricercatori – guidato da Saroj Niraula, professore associato presso la University of Manitoba e oncologo clinico del CancerCare Manitoba – ha analizzato i dati relativi a 69.025 donne, di età compresa tra i 50 e i 64 anni, che si sono sottoposte a oltre 212.000 mammografie tra il 2004 e il 2010.

Dei 1.687 carcinomi mammari invasivi rilevati, 705 erano stati scoperti durante gli screening, 206 erano di intervallo, 275 sono stati diagnosticati in donne non aderenti allo screening, per cui erano passati più di due anni dall’ultima mammografia, e 501 sono stati scoperti al di fuori del programma di screening.

Rispetto ai tumori scoperti durante gli screening, quelli di intervallo avevano molte più probabilità di essere di essere grandi (odds ratio, 6,33; P<0,001) e il triplo delle possibilità di essere negativo per i recettori degli estrogeni (OR, 2,88: P<0,001).

Dopo un follow-up mediano di sette anni, 170 donne erano decedute per tumore al seno e 55 per altre cause. Tra i decessi per tumore al seno, 20 avevano tumori diagnosticati durante lo screening, 29 tumori di intervallo, 27 non erano state aderenti allo screening e 94 avevano scoperto di avere un tumore al di fuori del programma di screening.

La mortalità specifica per tumore al seno era significativamente più elevata con i tumori di intervallo che con quelli diagnosticati durante lo screening (hazard ratio, 3,55; P<0,001), senza però alcuna differenza significativa nella mortalità per tumori diversi da quello al seno.

“Oltre alla mammografia di screening di routine sono necessarie strategie per prevenire, rilevare ed evitare decessi per i tumori al seno di intervallo”, concludono gli autori.

Fonte: JAMA Network Open
Megan Brooks
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

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