
La scoperta
La fibrillazione atriale attualmente viene trattata con ablazione e farmaci antiaritmici, spiega Casadei, ma queste terapie sono solo indicate per diminuire i sintomi mentre non è stato provato che abbiano un effetto benefico sulle conseguenze della fibrillazione (ad esempio l’ictus). Inoltre molti pazienti non rispondono a questo tipo di cure e per questo sarebbe importante trovare nuovi farmaci più mirati contro tale aritmia. Il gruppo di Casadei ha notato, in studi su tessuti cardiaci animali e umani, che in presenza di fibrillazione atriale, nel cuore è presente un eccesso di microRna-31.
“Indotto dalla malattia stessa (la sua presenza eccessiva è una conseguenza e non una causa della fibrillazione) – spiega Casadei – il microRna-31 promuove il mantenimento della fibrillazione, causando una riduzione nell’atrio (una delle camere del cuore) di due molecole importanti per il ritmo cardiaco (la distrofina e l’enzima che sintetizza l’ossido nitrico). Quindi è la riduzione di ossido nitrico causata appunto dall’azione del microRna che perpetua e peggiora la fibrillazione atriale. Un farmaco mirato contro questo piccolo Rna – conclude – potrebbe senz’altro divenire un’adiuvante nella terapia fisica (l’effetto della quale è limitato nel tempo)”.
