
Lo studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, è stato condotto su un campione di 692 uomini con cancro alla prostata con metastasi e si è concentrato su 20 geni noti per avere un ruolo nella riparazione del Dna. Si è così scoperto che il 12% del campione aveva almeno una mutazione ereditaria in uno di questi geni.
In particolare le mutazioni sono state individuate in 16 geni, tra cui la più frequente (5%) è risultata essere quella al gene Brca2 che, nelle donne, aumenta il rischio di cancro al seno (noto anche come gene Jolie), seguita dalle mutazioni al gene Atm (1,6%), Chek2 (1,9%), Braca1 (0.9%), Rad51d (0,4%) e Palb2 (0,4%).
Si pensa inoltre che questo gene mutato possa influire sul rischio anche degli altri familiari del malato, e che sia opportuno sottoporli al test sulle mutazioni del Brca2. Fare questo test genetico sugli uomini potrebbe aiutare a identificare meglio il cancro alla prostata e portare a diagnosi e interventi più precoci, e quindi migliori terapie, come una nuova classe di farmaci, chiamata Parp inibitori, che sfruttano le debolezze nei processi di riparazione del Dna delle cellule tumorali.
