
”Per la prima volta abbiamo dimostrato che non solo l’identità genetica specifica di una persona, ma anche i segni legati all’invecchiamento possono essere studiati in laboratorio su neuroni umani viventi”, osserva Fred Gage, coordinatore dello studio. Finora, infatti, chi si è occupato di invecchiamento si è affidato a moscerini, vermi e topi. Più recentemente si è riusciti a prendere delle cellule dai pazienti e a riprogrammarle, trasformandole in cellule staminali pluripotenti (ipsc), che possono essere propagate per generare cellule cerebrali in numero sufficiente per sperimentazioni.
Ma il problema di queste cellule è che presentano le caratteristiche proprie dei primi stadi dello sviluppo embrionale e quindi l’età vera del paziente viene azzerata, lasciando dei neuroni ringiovaniti. In questo caso invece i ricercatori hanno prelevato le cellule della pelle di 19 persone di età compresa fra 1 a 89 anni e le hanno riprogrammate per trasformarle in neuroni. Quindi hanno confrontato i neuroni così ottenuti con quelli prelevati da autopsie. Il confronto ha permesso di individuare le caratteristiche dei neuroni delle persone più anziane. Ora, la speranza, per i ricercatori, è che la stessa tecnica si possa utilizzare per studiare i cambiamenti indotti dall’invecchiamento in altri tessuti, come quelli di fegato e cuore.
