Reshape in MS Care. L’infermiere specializzato in Sclerosi Multipla ha competenze tecniche, educative e relazionali. Serve riconoscimento istituzionale

Prosegue il progetto Reshape in MS Care, promosso da Roche con il supporto di Sics, incentrato sulla figura dell’infermiere specializzato in Sclerosi Multipla (SM). Finalizzato alla creazione di percorsi diagnostico-terapeutici e di presa in carico del paziente con questa patologia, il progetto parte proprio dall’infermiere come figura chiave. Nel secondo incontro svoltosi a Roma alla presenza degli infermieri coinvolti nel progetto hanno preso corpo i tre asset fondamentali alla base dell’iniziativa: definizione di un percorso formativo ad hoc per l’infermiere specializzato in SM, la valorizzazione del tempo che i pazienti trascorrono nel Centro, volta a individuare i bisogni insoddisfatti e l’efficientamento del day hospital.

L’esperienza del singolo e le best practice di ogni struttura insieme per creare il miglior percorso di cura possibile per il paziente con Sclerosi Multipla. Negli anni, la figura dell’infermiere specializzato in SM ha assunto importanza sempre maggiore, arrivando ad essere figura centrale e perno dell’assistenza e della presa in carico del paziente. Questo non solo per una evoluzione del concetto stesso di infermiere, ma anche perché il progresso scientifico e l’innovazione in campo terapeutico hanno imposto un vero e proprio cambio di paradigma e hanno reso necessaria una formazione di alto livello che comprende aspetti tecnici, ma anche relazionali ed educativi.

“Se poniamo la nostra attenzione sulla persona affetta da sclerosi multipla ci rendiamo conto che abbiamo di fronte una persona con una patologia particolarmente complessa, sia nella sua evoluzione sia nella sua manifestazione”, ha detto Emanuela Chiarini, Coordinatore infermieristico, ASST Brescia.

Per questo è fondamentale un professionista che sia in grado di gestire molteplici situazioni e di rispondere a bisogni diversi e complessi. “L’infermiere specializzato in sclerosi multipla ha delle competenze avanzate rispetto all’infermiere che esce dalla scuola di base. Nello specifico ci troviamo di fronte a una persona con una malattia cronica, una malattia che si sviluppa anche con fasi di riacutizzazione, e quindi la figura professionale dell’infermiere specializzato dovrà accompagnare una persona nell’affrontare le varie sfide, anche di vita, che si troverà sul suo percorso”.

L’infermiere deve essere in grado di rendere la persona con sclerosi multipla capace di gestire la propria patologia nella quotidianità e saper comunicare. Per questo parliamo di competenze diverse, “non solo di tipo tecnico, ma anche di tipo educativo e relazionale”, ha precisato Chiarini. Ma “gli ambiti di intervento dell’infermiere specializzato in SM non sono solo quelli dell’ambulatorio; sono anche quelli del day hospital e quelli del territorio perché, oltre agli aspetti tecnici, dobbiamo costruire un percorso in una realtà sanitaria e sociale abbastanza complicata dove le persone possono faticare a trovare il giusto interlocutore”. Per questo, ha concluso Chiarini, “l’infermiere esperto di sclerosi multipla è colui in grado di individuare i bisogni e di riferirli a professionisti diversi, in ambiti di lavoro diversi”.

Per Marina Panealbo, infermiera dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria San Luigi di Orbassano, la cosa più importante è “avere un dialogo aperto con i pazienti, trovare del tempo per poter dialogare con loro, ma soprattutto saper ascoltare”. Anche i silenzi possono dire tanto e l’attenzione verso il paziente passa per i gesti e le cose non dette. Ogni momento è importante e va attenzionato perché il paziente potrebbe esprimere un bisogno: “da quando entra in struttura, durante il day hospital, nel momento della terapia o durante i prelievi”. Instaurare un dialogo, quindi, è importantissimo per riuscire a comprendere delle esigenze o dei bisogni che spesso rimangono sottointesi. Certo questo lavoro richiede tempo, e “il tempo a volte è poco, soprattutto nei centri molto grandi che hanno un turnover di terapie importante”, ha ricordato Panealbo.

Ma a volte la soluzione migliore è proprio “tornare sui propri passi”, fermarsi e ricominciare. Ritornare dal paziente e metterlo a suo agio “in luogo adeguato dove possa esprimere le necessità che magari nel momento in ci sono altri pazienti non si osa a dire”. Puntare sull’emotività, essere empatici, condividere esperienze sono fattori fondamentale per Panealbo che ribadisce, infine, quanto il dialogo tra infermiere e paziente sia importante per innescare quello scambio di informazioni anche tra gli stessi pazienti.

“Noi chiediamo a gran voce di essere riconosciuti per il lavoro che facciamo”, ha detto Pasquale Scognamiglio, infermiere dell’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma. In un’epoca in cui il ruolo dell’infermiere specializzato in SM sta acquisendo sempre più importanza, competenze e responsabilità all’interno del percorso di cura la richiesta è quella di ricevere un riconoscimento da parte delle istituzioni.

Gestendo molte fasi del percorso assistenziale del paziente, dalla diagnosi al day hospital, l’infermiere ha un ruolo cruciale. È necessario, dunque, ha concluso Scognamiglio, che anche “le nostre strutture riconoscano il nostro valore aggiunto, dall’ottimizzazione dei tempi della gestione dei flussi interni all’ottimizzazione dei costi”, fino al miglioramento della qualità di cura.

 

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