
Il robot è fatto di idrogel, costituiti per la maggior parte di acqua e progettati in modo da essere sensibili alla temperatura e ai campi magnetici. Questo permette di incorporare nel materiale sia farmaci sia mezzi di contrasto che consentono di ottenere immagini ad alta risoluzione. Inoltre “il microrobot è in grado di cambiare forma in seguito a stimolazione con luce infrarossa, ed è questo cambiamento a consentire il rilascio controllato di farmaco”, spiega Veronica Iacovacci, della Scuola Superiore Sant’Anna, primo autore della ricerca.
Se negli ultimi anni la robotica al servizio della medicina e della chirurgia ha permesso il passaggio da terapie altamente invasive a terapie minimamente invasive, la sfida attuale è sviluppare sistemi totalmente non invasivi, capaci di muoversi con sicurezza nel corpo umano e di raggiungere zone ancora inaccessibili con strumenti tradizionali, per eseguire terapie localizzate e interventi chirurgici.
E’ necessario quindi avere un controllo maggiore del robot, gestire i suoi movimenti e le sue azioni. “Questo studio – conclude Iacovacci – apre nuove prospettive nell’ambito delle terapie non invasive e fornisce nuovi strumenti per avvicinare tali strategie terapeutiche alla pratica clinica”.
