Real World Evidence: quando i dati fanno risparmiare in sanità. L’esempio dell’ablazione trans-catetere nella fibrillazione atriale

Dati e informazioni reali già in possesso delle strutture sanitarie che possono essere utilizzati per una valutazione mirata e appropriata dei processi di cura e delle tecnologie mediche a disposizione, evidenziandone il valore e contribuendo anche una programmazione efficiente ed efficace del sistema sanitario e della salute del cittadino. E’ la cosiddetta Real World Evidence, l’analisi dei dati reali con cui è possibile individuare processi di cura e tecnologie in grado di generare risparmi e portare a scelte strategiche per la riprogettazione del sistema sanitario. Una strada ancora poco battuta nel nostro Paese, che ha però degli effetti concreti, come dimostrato ad esempio per la fibrillazione atriale e l’utilizzo dell’ablazione trans-catetere da uno studio pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Healthcare. Se ne è parlato oggi a Roma nel corso dell’evento “Real world evidence: i dati a servizio della salute dei cittadini. Un caso di studio sulla fibrillazione atriale” che si è tenuto presso lo spazio WeHealth.

“Lo studio – ha evidenziato Luca degli Esposti, presidente di Clicon, società benefit che si occupa di health economics e che ha condotto lo studio in collaborazione con il prof. Roberto De Ponti, past president AIAC, Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione, con il contributo incondizionato di Confindustria Dispositivi Medici – ha avuto l’obiettivo di misurare nei pazienti con diagnosi di FA sottoposti ad ablazione, quali fossero gli esiti clinici ed economici, per capire se questa procedura sia stata effettivamente efficace sotto entrambi i punti di vista. Il tutto utilizzando i flussi amministrativi, le banche date Asl che tracciano le prestazioni effettuate a carico dei propri assistiti”.

Ebbene, è di circa 4.000 euro la spesa per la gestione di un paziente con problemi cardiologici di fibrillazione atriale che si sottopone alla procedura di ablazione transcatetere, contro gli oltre 5.000 euro di chi non utilizza questa tecnologia, è emerso dall’indagine. Inoltre, nei tre anni successivi alla procedura di ablazione si riducono significativamente i ricoveri per eventi cardiovascolari con evidente impatto sulla riduzione dei costi nella cura di questi pazienti. Infine, il tasso di mortalità è significativamente ridotto nei pazienti che ricevono l’ablazione rispetto a coloro che vengono trattati solamente con farmaci.

“Stiamo vivendo da anni una situazione di sottofinanziamento del nostro Ssn – ha ricordato Nicola Barni, presidente di Assobiomedicali di Confindustria Dispositivi Medici – se misuriamo il rapporto fra spesa sanitaria e Pil siamo di poco al di sopra del 6%, uno dei valori più bassi in Europea, e se volessimo eguagliare Francia e Germania dovremmo investire altri 40 mld di euro. Nel nostro contesto, la spesa per dispositivi medici è anche qui fra le più basse in Ue, circa 125 pro capite contro i 350 della Germania. Abbiamo poi un orizzonte generale caratterizzato da una crisi geopolitica che ha fatto aumentare i prezzi delle materie prima anche del 50% in un contesto di gare bloccate nei volumi e nei prezzi. Ma la domanda di salute è diminuita? Purtroppo no, lo si vede perché aumenta la richiesta di sanità privata. Tutto questo perché si continua a non riconoscere un ruolo importante a come la tecnologia medica può migliorare i processi di cura. Se ben utilizzata, la tecnologia può aiutare il sistema ad auto-finanziarsi. I problemi non si risolvono solamente così, ma se ci fosse la volontà politica di andare in questa direzione si aiuterebbe a trovare finanziamenti interni al Ssn. La nostra proposta è proprio quella di sfruttare di più la metodologia real world evidence, utilizzabile in ogni area di indagine, certamente a più mani con società scientifiche, economisti e associazioni pazienti”.

“Questo studio – aggiunge – dimostra che la tecnologia genera risparmi. Misurare l’innovazione in base al costo della singola prestazione non ha senso, è necessario piuttosto focalizzarsi sul processo. E la metodologia usata della real world evidence è assolutamente replicabile. L’obiettivo è una programmazione efficiente ed efficace del sistema sanitario attraverso la costruzione di un procurement innovativo in grado di valutare l’impatto dei processi e della tecnologia sull’intero percorso di cura del paziente. In tutto questo, l’Hta può avere un ruolo fondamentale. Valorizzando le informazioni che si hanno, si potrebbero utilizzare le tecnologie a disposizione in modo più appropriato, facendo risparmiare al servizio sanitario, decongestionando gli ospedali e riducendo le liste d’attesa. Si creerebbe così un ecosistema che permetterebbe di prendere decisioni di politica sanitaria quali la revisione dei percorsi assistenziali, la revisione dei DRG e LEA, l’investimento nella prevenzione e l’implementazione del value based procurement”.

Lo studio ‘Evaluation of the Impact of Catheter Ablation Procedure on Outcomes and Economic Burden in Patients with Atrial Fibrillation: Real-World Data from Italian Administrative Databases’ prende in considerazione l’impatto economico e sanitario della procedura di ablazione transcatetere per i pazienti con fibrillazione atriale. Si basa sull’analisi dei real world data, ovvero su dati e informazioni reali relativi allo stato di salute dei pazienti e ai servizi sanitari erogati che sono generalmente accessibili attraverso il database delle strutture sanitarie, le SDO o il fascicolo sanitario elettronico. Quest’analisi ha permesso appunto una valutazione mirata e appropriata dei processi di cura e della tecnologia a disposizione, ponendo le basi anche per una programmazione efficiente ed efficace del sistema sanitario e della salute del cittadino.

“Per l’analisi si è scelta una patologia a grande impatto – ha dichiarato Roberto De Ponti, past president AIAC-Associazione italiana aritmia e cardiostimolazione – sia per la salute sia per quanto riguarda l’aspetto economico: la fibrillazione atriale è, infatti, l’aritmia più comune, con una prevalenza del 3% nella popolazione generale, che va oltre il 10% per i pazienti anziani. Dallo studio emerge inoltre che l’ablazione transcatetere è associata a una riduzione significativa nell’uso di farmaci antiaritmici nei 3 anni successivi all’ablazione, oltre che a una significativa diminuzione della spesa sanitaria totale, principalmente correlata alla riduzione delle ospedalizzazioni dopo l’ablazione. Paradossalmente, però, la procedura di ablazione transcatetere di fibrillazione atriale viene eseguita solo nel 3,5% dei pazienti ed è sottoutilizzata in Italia anche rispetto agli altri Paesi europei. È quindi necessario ripensare il processo di cura di questi pazienti”.

Secondo Federico Spandonaro, professore straordinario all’Università telematica San Raffaele di Roma e presidente del comitato scientifico di C.R.E.A. Sanità, “bisognerebbe sfruttare al meglio questo patrimonio di dati di cui disponiamo in Italia, perché se ne parla molto, ma con poca concretezza. La real world evidence esiste, ma nella piramide delle evidenze viene considerata a un livello più basso rispetto ai classici studi randomizzati. Eppure abbiamo l’esigenza assoluta di utilizzare questa metodica anche per il fatto che i trial classici sono difficili e costosi da produrre. Stiamo entrando in un mondo dove si producono tecnologie per indicazioni, non per patologie, ci sono pochi pazienti ai quali applicare una cura, e li è difficile produrre in maniera classica le evidenze. Perché allora se abbiamo bisogno di tanti dati e di renderli comparabili in Italia è molto difficile sfruttare questo patrimonio? Perché, anche se teoricamente dovrebbero esserlo, questi dati non sono universalmente disponibili, non c’è una procedura per richiederli, il Garante dei dati ha anche bacchettato a volte le Asl per averli utilizzati: questo deve diventare quindi un progetto istituzionale. Il problema vero è che noi abbiamo un Pil che è il 25% in meno degli altri paesi europei e gravato da un debito pubblico. Quindi, per definizione, anche se avessimo la stessa percentuale di soldi per la sanità rispetto al Pil degli altri paesi, saremmo sempre al 20-30% in meno di tutti gli altri. Non capisco perché non ci poniamo mai il problema di quanto la sanità possa far crescere il Pil: avremmo bisogno di usare questi dati non solo per capire la produttività, come questo studio ha dimostrato che è possibile fare, ma anche per dimostrare che tutto questo può produrre Pil”.

“Negli anni – ha affermato Nicola Merlin, presidente dell’Accademia del paziente esperto (Eupati) – abbiamo avuto modo di conoscere le necessità dei pazienti grazie a rilevazioni che abbiamo fatto per valutare quella che era soprattutto la qualità della vita del paziente. Ecco, durante questo percorso ci siamo resi conto dell’importanza degli indicatori quando andiamo a raccogliere dati: devono essere chiari e devono aiutarci a rilevare con oggettiva certezza quello che sarà poi un risultato, che dovrà poi essere interpretato. Lo studio presentato oggi ci rappresenta come sia stato possibile farlo, entrando nel mondo della fibrillazione atriale. Il ruolo delle associazioni di pazienti in questo senso è determinante per sorvegliare quegli aspetti che potrebbero essere trascurati in altri ambienti dove si guarda solo al lato prettamente economico, e viene meno l’interesse di valutare la qualità della vita percepita direttamente dal paziente o dai caregiver”.

Anche secondo Guido Gastaldon, responsabile area Sanità Consip, “bisogna far sì che questi dati arrivino alle amministrazioni, affinché possano utilizzarli per misurare e fare una valutazione della cura o del dispositivo, per commisurare al meglio la prestazione al prezzo che riconosco all’operatore economico”.

Per Isabella Mori, responsabile area Tutela Cittadinanzattiva, “questo è un tema estremamente attuale, ma che ancora stenta a decollare. Dal nostro punto di vista invece è importante dare una forte spinta affinché decolli e su questo servono davvero tante forze. E le forze, anche civiche, delle associazioni come la nostra, perlomeno per quanto ci riguarda, non si sottraggono a questa tematica e, ove possibile, vogliamo dare una mano. Laddove i dati vengono utilizzati, razionalizzati e si fanno delle scelte concrete determinate in base alle evidenze, il tema è anche quello di abbattimento delle diseguaglianze, in un momento storico in cui parliamo di liste d’attesa e problemi nell’accesso alle cure”.

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