Pnrr. Sia anche il tempo delle cronicità “misconosciute”. Le riflessioni a Sanitask

Proseguono i lavori del Pnrr e, con esso, si realizza il destino del Piano nazionale cronicità, approvato nel 2016 ma rimasto per lo più sulla carta. Il Pnrr è infatti strettamente legato al Piano cronicità. In un certo senso rappresenta lo strumento per concretizzare gli obiettivi mancati in questi 6 anni, puntando al potenziamento della sanità territoriale, alla prossimità dei servizi e alla presa in carico del cittadino sul territorio. Il Pnrr potrebbe e dovrebbe, però, andare anche oltre il Piano cronicità, offrendo una risposta anche a tutte quelle patologie e pazienti rimasti finora quasi dimenticati.

Il Piano nazionale cronicità, infatti, si focalizza su un primo elenco di patologie croniche, individuate attraverso criteri di rilevanza. In particolare, artrite reumatoide e artriti croniche in età evolutiva; rettocolite ulcerosa e malattia di Crohn; insufficienza cardiaca cronica; malattia di Parkinson e parkinsonismi; BPCO e insufficienza respiratoria cronica; insufficienza respiratoria cronica in età evolutiva; asma in età evolutiva; malattie endocrine croniche in età evolutiva, malattie renali croniche in età evolutiva. Del grande mondo delle cronicità, tuttavia, fanno parte anche altre patologie che nel Piano non figurano affatto, come quelle epatiche o afferenti all’area della salute mentale. Malattie che oggi rappresentano “cronicità misconosciute”, nei confronti delle quali l’attenzione non è costante, alla cui diagnosi si arriva con grande ritardo e disagi per i pazienti, per il quali la presa in carico resta spesso un miraggio.

A queste malattie è stata dedicata l’ultima puntata del talk mensile di Sanitask, il progetto realizzato da Sics Editore con il supporto di Alfasigma, condotto da Corrado De Rossi Re. Ospiti, in questa occasione, Francesco Mennini, presidente Sihta (Società Italiana di Health Technology Assessment); Emanuele Ciotti, direttore sanitario dell’Ausl Ferrara e direttivo Anmdo Emilia Romagna; Tiziana Nicoletti, responsabile nazionale CnAMC (Coordinamento delle Associazioni dei Malati Cronici) di Cittadinanzattiva); Carlo Nicora, direttore generale dell’Istituto Tumori di Milano e vicepresidente Fiaso; Stefano Vianello, presidente Card (Confederazione Associazioni Regionali di Distretto) del Veneto.

Ad aprire la puntata, il contributo di Ivan Gardini, presidente EpaC Onlus, che con Salvo Leone, direttore generale di Amici Onlus (Associazione Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino) ha portato il punto di vista dei pazienti.

“Una recente survey che abbiamo condotto su oltre 200 pazienti con cirrosi – ha spiegato il Ivan Gardini  – ha consentito di individuazione le attività che i pazienti considerano più rilevanti ma spesso assenti. Il 77%, ad esempio, è favorevole alla creazione di canali preferenziali per la prenotazione di visite e esami; il 73% apprezza la possibilità di interagire a distanza con lo specialista o con diverse figure cliniche senza essere costretto a cambiare struttura, perché ricordiamoci che parliamo di pazienti che hanno spesso più di una patologia. La metà degli intervistati apprezza la consegna a domicilio di farmaci e presidi, il 68% vorrebbe avere la possibilità di poter contare su qualcuno che possa aiutarlo”.

Cosa si aspettano, dunque, dal Pnrr, i pazienti epatici? “La realizzazione della presa in carico”, ha spiegato il presidente di EpaC Onlus. “Dunque la stretta collaborazione tra il medico di famiglia e i centri specializzati. Guardiamo con interesse anche al telemonitoraggio e al concetto di curare il paziente a casa propria. Chiediamo, inoltre, che nelle strutture che si stanno realizzando sul territorio, come le case di comunità, sia prevista la presenza dello specialista almeno una volta a settimana, anche allo scopo di affiancare il medico di famiglia trasmettendogli le conoscenze necessarie a individuare tempestivamente i casi sospetti di pazienti che potrebbero avere problemi al fegato”.

Da parte sua, Salvo Leone, ha fatto notare come il problema delle cronicità sia già più grave di quanto attualmente non sembri:Nel 2030 la popolazione mondiale sarà pari a circa 8,5 miliardi di persone. Pensiamo all’impatto sui sitemi sanitari, già solo considerando le problematiche legate all’invecchiamento popolazione. È un futuro molto vicino. La necessità di organizzare un sistema di caregiving è chiara e servirà una vera e propria rivoluzione”. Per Leone il Pnrr “ci dà ora possibilità di realizzare un nuovo modello, sui cui è necessario costruire una base di evidenze che consentano di valutare, ad esempio, l’impatto delle tecnologie sulla salute e il benessere dei pazienti”. Occorrerà investire, dunque, “sulle cartelle cliniche elettroniche, sui big data, sull’intelligenza artificiale e sui dispositivi digitali e gli altri strumenti in grado di può aiutare il paziente ad avere una maggiore vita autonoma”. Per il presidente di Amici Onlus, in questo contesto le associazioni possono svolgere un ruolo importante per aiutare i pazienti “a non essere considerati come utenti ma come sviluppatori. Dobbiamo educarli all’uso delle tecnologie e condividere tra loro le best practice”.

Il presidente di Amici Onlus ha quindi annunciato l’ultimo progetto ideato dall’associazione, che consiste in una piattaforma all’interno dei quali gli iscritti ad Amici potranno usufruire di “una serie di servizi quali consulenze on line con diversi specialisti in ambito medico, nutrizionale, legale, psicologico; avranno accesso a contenuti di approfondimento; potranno trovare informazioni, anche sui centri specializzati, e avranno la possibilità di partecipare volontariamente a sondaggi periodici”. L’obiettivo di Amici Onlus, ha spiegato Leone, non è solo offrire uno strumento di sostegno ai pazienti, ma anche “raccogliere dati aggregati da mettere a disposizione della comunità scientifica e delle istituzioni per trovare una soluzione definitiva per garantire una migliore qualità di vita alle persone”.

Francesco Mennini ha posto l’attenzione su un altro tipo di malattie croniche troppo spesso dimenticate, cioè quelli afferenti alla salute mentale. “Patologie come la depressione solo ultimamente hanno iniziato ad essere prese in sera considerazione. Una necessità urgente, basti considerare che in 6 anni abbiamo osservato un incremento di costi pari al 40% tra il 2009 e il 2015, con una spesa a carico del Ssn pari a circa 700mln all’anno. Parliamo, inoltre, di malattie che hanno un forte impatto sulla vita e dunque che portano con loro importanti costi indiretti. Il 25% dei pazienti con disturbo bipolare, ad esempio, ha abbandonato lavoro, il 22% ha ridotto orario; è evidente cosa questo voglia dire in termini di mancata produttività e di aumento di costi legati al sostegno che si protrarranno per tutta età della vita dei pazienti, che sono soprattutto under 40, dunque con una lunga aspettativa di vita”.

Per Mennini il passaggio dell’assistenza dall’ospedale al territorio sarà un elemento chiave “ma questo processo, questa integrazione, può realizzarsi efficacemente solo se si inserisce all’interno di linee guida condivise e di percorsi diagnostico terapeutici il più possibile omogenei su tutto il territorio”. Tutto questo inoltre, per il presidente della Sihta, “dovrà essere effettuato anche in un’ottica di Health technology assessment, in quanto approccio multidimensionale e multi dominio che chiede un efficiente sistema di collegamento tra ospedale e territorio”. Un modello del genere, per Mennini, garantirebbe non solo la presa a carico tempestiva ed efficace dei pazienti, ma anche modelli organizzativi e gestionali in grado di ottimizzare l’utilizzo delle risorse. “Abbiamo bisogno di capire anche il fabbisogno e dove indirizzare le risorse e questo si ottiene solo attraverso un serio monitoraggio e la verifica delle performance”, ha concluso il presidente della Sihta.

Tiziana Nicoletti, che ben conosce il vissuto dei pazienti, ha espresso l’auspicio che il Pnrr possa essere l’occasione per eliminare anche quelle differenze di accesso alle cure che esistono oggi tra regioni e anche all’interno della stessa regione. “Una disparità che abbiamo visto crescere negli anni e che è francamente inaccettabile”. La pandemia da Covid-19 ha sicuramente aggravato la situazione, ma per la responsabile nazionale CnAMC non deve essere una scusa dietro la quale nascondersi. “Non possiamo più parlare di emergenza, la pandemia ormai è diventata parte delle nostre vite e i pazienti non possono più permettersi di aspettare. Le difficoltà denunciate, peraltro, sono sempre le stesse, ormai da anni, di accesso alle cure e presa in carico, anzitutto, per colpa delle carenze del sistema. Chi può paga di tasca propria, chi non può rinuncia, come dimostrano i nostri report, da cui emerge che 3 pazienti su 5 rinunciano alle cure”.

Per Nicoletti non va poi dimenticato che accanto a una persona con una patologia cronica c’è sempre un famigliare, “che si sente sempre più solo e dimenticato”.

Stefano Vianello ha evidenziato altri punti deboli dell’attuale sistema: “L’assistenza domiciliare integrata ferma al 7% della popolazione, che con il Pnrr si intende portare al 10%, e un numero enorme di Pdta, circa 700, all’interno dei quali manca, tuttavia, una reale possibilità di presa in carico dei pazienti cronici, che sono pazienti con multimorbilità, ai quali dunque non basta un solo medico di riferimento”. Per Vianello rafforzare la sanità territoriale significa anche offrire ai medici di medicina generale gli strumenti per agire al meglio. “È evidente che un medico di famiglia da solo, senza personale infermieristico o amministrativo, come è stato finora, non può avere il tempo e le condizioni per rapportarsi efficacemente con la rete di servizi sul territorio, anche nelle aree in cui questi servizi sono più organizzati”. Su questo aspetto il presidente della Card Veneto ha espresso molte preoccupazioni, “perché ci aspettano anni di carenza di professionisti, non solo tra i medici. Sarà difficile anche reperire tutti quelli che servirebbero per realizzare il Pnrr”.

Vianello ha poi citato il Fascicolo sanitario elettronico, “rappresentato come una pietra miliare per avere informazioni sul paziente ma ancora lontanissimo dal diventare realtà”. Inoltre, se si parla di digitalizzazione e telemedicina, per il presidente Card Veneto è anche necessario parlare di “formazione per utilizzare questi strumenti, la cui diffusione va peraltro garantita in ogni angolo del Paese”.

Concordando con quanto detto precedentemente dagli ospiti di Sanitask, il direttore generale dell’Istituto Tumori di Milano, Carlo Nicora, ha sollecitato una maggiore attenzione alle patologie croniche dimenticate, “oggi esposte a un rischio enorme di diagnosi tardive, con tutto ciò che questo comporta in termini di salute e di qualità della vita”. Anche per Nicora il Piano nazionale della cronicità del 2016 dovrà essere “la base, direi quasi la piattaforma, su cui Pnrr deve costruire questa nuova alleanza tra ospedale e territorio”.

Per il Dg dell’Istituto Tumori di Milano la strada da fare è molto, “perché se è vero che la pandemia ha rappresentato un problema enorme, i numeri gravissime di prestazioni mancate nel 2020 sono impressionanti: parliamo di 630mila diagnosi meno, 350 mila inizi di terapia in meno, 2,2 mln di visite specialistiche mancate, 3 mln di esami in meno, il 3,5% del mancato utilizzo di farmaci ad alto costo. E’ importante fare di più, anche per quelle patologie croniche fino ad oggi misconosciute”.

Emanuele Ciotti ha ricordato come nel 2017 ci sia stata anche l’approvazione di nuovi Lea, anch’essi, tuttavia, rimasti per lo più al palo. “E’ fondamentale fare un salto avanti, riuscire a cancellare i ritardi nella diagnosi e nella presa in carico, quindi nell’accesso agli esami”.

Anche Ciotti ha tuttavia evidenziato come la presa in carico sia qualcosa che va ben oltre la diagnosi e la terapia. “La presa in carico si realizza guardando a 360 gradi ai bisogni dei pazienti e all’impatto della malattia sulla sua vita”. Un’esigenza che riguarda la salute dei cittadini, ma che deve avere come obiettivo anche la sostenibilità del sistema, “tenuto conto che solo in Emilia Romagna – ha spiegato il direttore sanitario dell’Ausl Ferrara – quando parliamo di pazienti ad rischio alto di fragilità, cioè di ricovero o morte entro un anno, ci riferiamo a una popolazione di 270mila persone, quasi il 6% dell’intera popolazione regionale”.

Per il direttore sanitario dell’Ausl Ferrara dovranno essere potenziali anche gli strumenti di automonitoraggio dei pazienti, attraverso app e altri dispositivi. “Dobbiamo cercare, dove possibile, di favorire il coinvolgimento del paziente e renderlo responsabile del suo percorso di cura senza, tuttavia, lasciarlo solo, perché sappiamo quanto la relazione con il medico sia importante ed entro certi limiti insostituibile”.

di Lucia Conti

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