Plastica: scoperte componenti dannose per il sistema endocrino

Attenzione a PVC e altri tipi di plastica. Alcune componenti infatti potrebbero danneggiare la nostra salute. Nello specifico, alcune componenti del PVC utilizzato comunemente per le tubature degli impianti idrici, agiscono sull’accumulo di grassi e parti di altre plastiche  interferiscono con la produzione di estrogeni.

Lo studio
La scoperta è frutto delle ricerche su cui è impegnato il Dipartimento di Neuroscienze ‘Rita Levi Montalcini’ dell’Università di Torino a cui afferiscono anche strutture ospedaliere presso le Molinette e il San Luigi Gonzaga. Ricerche che, in futuro, possono portare ad approcci innovativi nella cura, ma soprattutto, nella prevenzione di molte patologie.

La plastica pericolosa
Ci sono molecole, negli oggetti che ci circondano – spiega Giancarlo Panzica dell’Università di Torino – che sono “distruttori endocrini”, ovvero influenzano il sistema endocrino dell’uomo provocando malattie, quali disfunzioni della tiroide o disturbi della crescita. Altro inquinante molto diffuso è la ‘tributiltina’ che si trova nelle vernici antimuffa, dell’industria navale, ma anche nelle comuni condutture d’acqua in PVC. “Sono inquinanti – spiega Panzica – che possono agire anche a livello fetale e nei bambini molto piccoli. Le conseguenze di questa esposizione, però, si possono far sentire anche dopo molti anni come, in fondo, è accaduto con l’amianto”.

“La plastica, di cui siamo circondati, a partire da quella delle bottiglie d’acqua – spiega Panzica – contiene il bisfenolo A, una molecola che entra in circolo nel sangue e può alterare l’equilibrio ormonale. In Francia questa molecola è stata già messa al bando, ma è stata sostituita con altre molecole come il bisfenolo S di cui però non si conosce l’eventuale pericolosità. Carenze e ritardi a livello legislativo europeo non permettono controlli preventivi e quindi sapremo solo tra diversi anni se i sostituti sono ugualmente dannosi”.

I risultati scientifici condotti su animali da laboratorio o su colture cellulari, sono pubblicati sulle più accreditate riviste internazionali, “ma le industrie – rimarca Panzica – sono sempre molto restie a modificare qualcosa nelle loro produzioni se non per obblighi di legge”. Per quanto riguarda, invece, la tributiltina, la molecola obesogena che contiene – rileva il ricercatore – stimola l’accumulo di grassi. Riesce a fare questo perché agisce non solo sul tessuto adiposo, ma anche a livello cerebrale. La regolazione del cibo, infatti, è governata dal cervello, ma se l’ambiente e gli oggetti d’uso frequente, veicolano molecole in grado di alterare l’equilibrio metabolico, ne consegue, nel caso degli ‘obesogeni’, che lo stimolo della fame non avrà più alcun freno.

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