Per lungo tempo ci sono state difficoltà a spiegare come mai l’Hiv fa ammalare rapidamente alcune persone mentre sembra incontrare diverse difficoltà in altre: un recente studio ha scoperto un difetti nell’armatura del virus che potrebbe almeno in parte spiegare questa spiazzante differenza, e potenzialmente aprire la via a nuovi trattamenti. L’Hiv-1 nuoce alle persone invadendo alcune cellule del sistema immunitario chiamate linfociti T, sfruttandole per creare nuove copie di sé stesso e poi distruggendole, lasciando la vittima esposta ad altre malattie mortali. I linfociti T, comunque, non sono poi così inermi: fra i loro meccanismi di difesa antivirale figura una classe di proteine note come APOBEC3, che potrebbero essere in grado di impedire all’Hiv-1 di replicarsi. Ovviamente, l’Hiv-1 possiede un meccanismo di controrisposta: una proteina chiamata Vif che distrugge proprio le APOBEC3. Un recente studio ha dimostrato che la suscettibilità al virus è legata anche a variazioni genetiche in questo sistema, il che suggerisce che la competizione fra virus ed ospite sia ancora in corso: il virus non ha perfezionato completamente la propria capacità di replicarsi negli esseri umani. E’ possibile immaginare farmaci che impediscano alla Vif di distruggere le APOBEC, e si tratterebbe di un nuovo metodo per uccidere il virus: basterebbe soltanto trovare il modo di sfruttare il sistema, ed avremmo a disposizione un approccio in grado di sopprimere la replicazione virale a tempo indeterminato, curando di fatto la malattia. (PloS Genetics 2014; 10: e1004761)
Post correlati
-
Malattie cardiovascolari: un Policy Act per rafforzare aderenza terapeutica e prevenzione
Solo nel 2021 le malattie del sistema circolatorio hanno causato oltre 217... -
GvHD cronica: presentato a Roma il documento d’indirizzo del progetto G.R.A.C.E
Su iniziativa della senatrice Elisa Pirro – Presidente dell’Intergruppo parlamentare per la... -
Tumore al polmone. Scoperta una mutazione “amica” dell’immunoterapia
Una mutazione genetica, presente in circa il 5% dei pazienti con tumore...