Patient Support Program: quando ospedali e terapie non sono l’unico modo per curare i pazienti

Il Patient Support Program è quell’insieme di servizi pensati per supportare i pazienti nella gestione della patologia, incrementando l’aderenza ai percorsi assistenziali, consentendo livelli di autogestione e migliorando la qualità di vita generale dei pazienti e dei loro caregiver.

I Patient Support Program possono declinarsi in vari modi. Alcuni riguardano l’addestramento infermieristico del paziente e dei caregiver, altri prevedono l’utilizzo di dispositivi, applicazioni e strumenti digitali in grado di favorire la gestione e il monitoraggio a domicilio della patologia. È evidente come l’industria farmaceutica e dei dispositivi medici giochino un ruolo chiave nello sviluppo di questi sistemi. Per questo, in occasione della giornata evento per la consegna dei Life Science Excellence Awards 2021 di Sics, l’argomento è stato approfondito con Silvia De Dominicis, presidente e amministratore delegato di Johnson&Johnson Medical, e Jacopo Murzi, general manager della Business Unit Italia di Alfasigma.

Per De Dominicis “ Con la pandemia abbiamo vissuto un cambio di paradigma che, per il presidente e amministratore delegato di Johnson&Johnson Medical, ha visto il paziente assumere un ruolo sempre più attivo nel processo di cura. “Con gli ospedali ‘chiusi’ ai pazienti non-Covid  e gli interventi chirurgici notevolmente ridotti , abbiamo dovuto infatti, aiutare le strutture ospedaliere a gestire al meglio i pochi posti a disposizione e lo abbiamo fatto aiutando i pazienti a a gestire la propria salute, da casa propria, rimanendo in contatto con i propri medici prima e dopo l’ intervento chirurgico . In questo contesto le aziende hanno giocato un ruolo fondamentale, cercando di “reinterpretare il percorso di cura” attraverso lo sviluppo tecnologie digitali che permettessero ai pazienti di gestire in modo sempre più autonomo la malattia. “Questo in linea con i Golden standards”, ha spiegato De Dominicis richiamando al protocollo Eras, Enhanced Recovery After Surgery, nato per garantire il migliore recupero del paziente dopo un intervento chirurgico.

Non c’è, tuttavia, solo una fase post; c’è anche una fase pre: “Arrivare preparati all’intervento chirurgico è fondamentale”, ha detto De Dominicis, illustrando i benefici di questo nuovo approccio. “Non si tratta solo di avere reale consapevolezza del tipo di intervento a cui si sarà sottoposti o i rischi che comporta. Arrivare preparati significa, ad esempio, esserlo dal punto di vista nutrizionale o di attività fisica, ben sapendo che questi fattori sono in grado di diminuire il rischio di complicanze”. Vantaggi per i pazienti, dunque, ma anche il sistema, che attraverso outcomes migliori avrò una riduzione dei costi e la possibilità di ottimizzare le risorse.

I Patient Support Program, ha chiarito Murzi, non sostituiscono il Ssn né rappresentano un percorso parallelo. “Si tratta, piuttosto, di un supporto complementare”, che consente anche di “sopperire a dei vuoti che esistono oggi nei percorso di cura. Vuoti che vengono esplicitati da pazienti stessi”. Perché “è evidente – per il general manager della Business Unit Italia di Alfasigma – che ci sono ambiti in cui il Ssn, per forza di cose, non riesce a intervenire ma che possono fare la differenza per la qualità di vita dei pazienti”. È lì che le industrie cercano di interventi con lo sviluppo di sistemi innovativi.

Il fulcro di tutto questo nuovo approccio si riassume in tre parole: “Paziente al centro”. Ovviamente tutto diventa più semplice ed efficace se il paziente è “engaged”, cioè protagonista della propria salute. “Essere engaged – ha spiegato Murzi – significa non solo conoscere i proprio diritti ma anche i propri doveri di salute”. Avere pazienti engaged è, per il general manager della Business Unit Italia di Alfasigma, anche la condizione necessaria per raggiungere un livello ancora più alto dell’assistenza sanitaria, che è quello dell’empowerment del paziente, che rende i pazienti “partner” del processo decisionale e della costruzione dei percorsi di cura, insieme ai clinici, alle istituzioni e anche alle aziende.

Empowerment ed engagement, infatti, rappresentano un obiettivo anche per le aziende. Che sempre più spesso vogliono, e dovranno, lavorare accanto ai pazienti, ai clinici e alle istituzioni in quanto un sistema sanitario che vuole essere efficiente, hanno concordato Murzi e De Dominicis, non può prescindere dall’azione e dal contributo di tutte le parti che lo compongono.

Per De Dominicis qualche passo in questa direzione è stato fatto: “La pandemia ha rotto lo storico tabù che vedeva istituzioni e industria contrapposte  perché abbiamo dovuto lavorare insieme e lo abbiamo fatto, con importanti risultati”. Un’esperienza, quella del Covid, che per la presidente e amministratore delegato di Johnson&Johnson Medical non va certo dimenticata o messa da parte. In fondo, ha sottolineato De Dominicis, “chi porta l’innovazione sono le aziende, quindi la collaborazione tra istituzioni e imprese dovrebbe essere naturale in un Paese”.

Per De Domicis le istituzioni hanno anche iniziato a capire che “il vecchio modo di pianificare, gestire e allocare le risorse, fatto di silos, è obsoleto”. Perché quando si parla di salute “tutto è collegato, dalla prevenzione alla diagnosi, dalle terapie farmacologiche agli interventi chirurgici o riabilitativi”. E anche quelle che sembrano voci di spesa diverse, alla fine, concorrono ad un unico scopo: la salute del paziente. Sono dunque collegati tra loro e a volte addirittura dipendenti l’uno dall’altro. La programmazione e i budget devono quindi essere ripensati in questo senso. Compito che spetta alle istituzioni, ma per De Dominicis è un percorso che va fatto insieme alle aziende.

Il ruolo delle aziende, ha detto Murzi concludendo il suo intervento e richiamando al fulcro del discorso, “non si occupano solo di offrire un prodotto, ma guardano al paziente a tutto tondo”. Anche per questo “sempre più aziende hanno volontà di supportare gli accordi pubblico privato e vedere i benefici di ciò che offrono a un livello più ampio”.

Uno sguardo ampio, potremmo dire “One Health”. Al punto che per De Dominicis neanche la parola “sostenibilità” può fermarsi all’ambito economico. “C’è anche la sostenibilità ambientale, che a sua volta tocca la salute e il benessere delle persone”. Per la presidente e amministratore delegato di Johnson&Johnson Medical, “con il Pnrr ci sarà la possibilità di lavorare alla sostenibilità ambientale e, se riusciremo a farlo, ci accorgeremo come questo si tradurrà non solo il salute e in benessere, ma anche in sostenibilità economica”.

Lucia Conti

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