OSA: identificati fattori che predicono rischio di eventi cardiovascolari

(Reuters Health) – Nei pazienti con apnea ostruttiva del sonno (OSA), una saturazione di ossigeno notturna inferiore al 90% e una frequenza cardiaca più elevata al momento della diagnosi sono associati all’aumento del rischio di andare incontro a eventi cardiovascolari.

E’ quanto emerge da uno studio cinese che ha evidenziato anche come un sottogruppo di pazienti abbia maggiori probabilità di trarre beneficio dalla CPAP. Lo studio, guidato da Mary Ip, dell’Università di Hong Kong, è stato pubblicato su Thorax.

Il team ha analizzato i dati delle cartelle cliniche relative a 1.860 persone che si sono sottoposte a polisonnografia. Di queste, l’83% presentava OSA. I pazienti sono stati raggruppati in base alle caratteristiche demografiche, cliniche e della polisonnografia, e in particolare per età, sesso, obesità, gravità dell’OSA e presenza di comorbidità.

Lo studio
A un follow-up medio di 8,3 anni, il 14,9% dei pazienti ha manifestato un evento avverso cardiovascolare maggiore (MACE). Tuttavia, mentre l’indice apnea-ipossia (AHI) non prevedeva eventi cardiovascolari, il tempo di sonno con saturazione di ossigeno inferiore al 90% e la frequenza cardiaca notturna riuscivano invece a prevederli.

Infine, tra i pazienti con OSA moderata-grave, il 60% del campione, la CPAP regolare non era associata a una riduzione dell’incidenza di MACE; mentre in un sottogruppo di persone – con maggior prevalenza di obesità, con OSA più grave e maggiori rischi cardiovascolari – la CPAP regolare era associata a un rischio più basso di MACE.

“La conoscenza sull’esatta relazione tra apnee notturne e possibili conseguenze su vari tessuti/organi è limitata”, spiega Mary Ip,“Le evidenze sul trattamento dell’OSA per 3-5 anni a livello di protezione cardiovascolare non sono definitive e i pazienti con apnee del sonno sono eterogenei”.

Secondo Samuel Krachman, della Lewis Katz School of Medicine della Temple University di Philadelphia (USA), che non ha partecipato allo studio, “i risultati dimostrano che dobbiamo concentrarci su variabili diverse dalla frequenza con cui i pazienti con OSA smettono di respirare durante la notte e più sulle conseguenze fisiologiche di questi eventi, in particolare l’ipossiemia, che contribuisce ai cambiamenti vascolari che si verificano nel tempo”.

Fonte: Thorax
Marilynn Larkin
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

 

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