Ondata di disagio psicologico tra minorenni dopo la pandemia. Intervista a Lino Nobili

Il 23 maggio il Guardian ha dedicato la prima pagina al peggioramento delle condizioni di salute mentale tra bambini e adolescenti nel corso della pandemia. Il giornale britannico titolava: “La salute mentale dei bambini è in crisi mentre i casi salgono a un livello record”. In Inghilterra si contano più di 400.000 bambini in cura per problemi di salute mentale ogni mese, il numero più alto mai registrato tra i minorenni. Solo pochi giorni dopo, l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato un documento di studio sul neurosviluppo e la salute mentale di bambini e ragazzi durante la pandemia.

Gli autori osservano che i presidi territoriali e ospedalieri di accoglienza e cura dei minorenni – pronto soccorso pediatrico, ambulatori, servizi sociali, servizi territoriali e ospedalieri di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza – hanno registrato un incremento dei casi di disagio, di autolesionismo, di disturbi del comportamento alimentare e del sonno, di dipendenze da alcol o droghe, di senso di solitudine e ritiro sociale.

“Le pandemie hanno sempre generato, dopo un certo periodo di tempo, un’ondata di malessere psicologico. Altri Paesi hanno riportato dati molto simili a quelli inglesi. Basti pensare che l’American Academy of Child and Adolescent Psychiatry degli Stati Uniti, ha parlato, proprio rispetto alla salute mentale dei giovani, di emergenza nazionale”, osserva Lino Nobili, Professore di Neuropsichiatria Infantile e Direttore dell’Unità di Neuropsichiatria Infantile all’Istituto G. Gaslini di Genova.

In realtà, ancora prima del Covid-19, diversi studi avevano evidenziato un aumento dei comportamenti autolesionisti tra i giovani. Una ricerca condotta in Italia dai medici dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù pubblicata nel 2020 ha mostrato un aumento delle consulenze psichiatriche infantili per comportamenti suicidi, intenzioni suicide e autolesionismo dal 7,7% nel 2011 al 19% nel 2019. “La pandemia è stata un trigger molto forte e ha causato un peggioramento di questo trend”, continua Nobili. “Sono aumentate le paure e la diffusione dei disturbi dell’umore, come ansia e depressione. Nel reparto di emergenza psichiatrica del Gaslini, in cui ospitiamo i bambini dai 10 ai 14 anni, abbiamo osservato un incremento dei disturbi alimentari, spesso molto gravi e associati ad altri disturbi, come autolesionismo, ideazioni suicide e depressione grave. Ma anche dei sintomi di possibile disturbo della personalità, sebbene la personalità di un preadolescente non si sia ancora formata”. L’aspetto più problematico, sottolinea Nobili, è l’entità dei disturbi: “è impressionante pensare ad un bambino di meno di 14 anni che tenta il suicidio. Nell’arco di tre mesi durante la pandemia abbiamo ricoverato 8 di questi pazienti, il triplo rispetto agli anni precedenti”.

Questa crisi è sicuramente dovuta ad un insieme di fattori, alcuni evidenti, come la drastica riduzione dei contatti e dei rapporti sociali, che per i giovani e per gli adolescenti in particolare sono fondamentali, ma anche la paura del contagio, l’incertezza, l’ansia amplificata da innumerevoli voci provenienti da canali diversi (social, internet, televisione). Altri meno evidenti, ma comunque determinanti, come le fragilità familiari.

“L’aumento generalizzato del malessere negli adulti e dello stress per il peggioramento delle condizioni di lavoro o perdita del lavoro, potrebbe aver cambiato le dinamiche intergenerazionali, facendo scoprire a molti genitori di essere più fragili ed esposti di quanto lo fossero le proprie figlie e i propri figli”, si legge nel documento.

“All’inizio della pandemia abbiamo proposto un questionario a migliaia di genitori in tutta Italia”, racconta Nobili. “Abbiamo chiesto loro informazioni su eventuali cambiamenti nel proprio comportamento e in quello dei loro figli e abbiamo visto chiaramente come lo stress dei genitori si ripercuotesse sui bambini e sugli adolescenti”. Vale la pena anche notare, come ricorda il rapporto dell’ISS, che durante la pandemia è stato registrato un aggravamento delle situazioni di violenza domestica e assistita, di conflittualità genitoriale o di solitudine.

La possibilità di accedere ai servizi di salute mentale è diminuita, così come le occasioni di intercettare i disturbi per poter intervenire precocemente. La scuola, lo sport, le attività esterne, oltre ad essere fondamentali per la crescita, permettono anche di individuare con più facilità la presenza di un disagio, come sottolinea Nobili.

In questo contesto i giovani hanno trovato una risposta in internet. “In alcuni casi è stata una salvezza, un mezzo per restare in contatto con gli amici e di mantenere i rapporti sociali, mentre altri ragazzi si sono persi nei tunnel più pericolosi del Web, aggravando la propria situazione. Paradossalmente alcuni soggetti più fragili, come i giovani con difficoltà di relazione o con disturbi dello spettro autistico, sono stati meglio durante la pandemia, e hanno riportato un aggravamento del loro disagio alla fine dell’emergenza, con il ritorno della vita sociale”.

Come accennato precedentemente, il peggioramento della salute mentale dei giovani non è esclusivamente dovuto alla pandemia: questa tendenza è stata osservata prima del 2020. “In generale, da sempre, l’adolescenza è una fase particolare della vita dell’uomo. È un periodo fragile, che può essere “fastidioso”, ma fondamentale da un punto di vista evoluzionistico: permette al ragazzo di diventare se stesso, crea una rottura con l’infanzia”, spiega Nobili. “Si verificano dei cambiamenti profondi a tutti i livelli, anche a livello cerebrale: la spinta emozionale diventa molto più forte di quella razionale, e questo porta gli adolescenti a voler sperimentare cose nuove, a scoprire le proprie passioni e a vivere i propri amori. Tuttavia, questa mancanza di razionalità mette il giovane in una condizione di particolare vulnerabilità che può esporre alcuni al rischio di sviluppare condizioni psicopatologiche, che emergono spesso già in fase preadolescenziale”.

Quest’epoca in particolare è caratterizzata da instabilità e incertezze per i giovani, dall’immediatezza di internet e degli strumenti digitali, dalle risposte facili. “L’uso di dispositivi come telefoni, computer e tablet nei bambini piccoli abitua il cervello già nelle prime fasi della vita a ricevere piacere da cose immediate. Non si impara a gestire l’attesa, la noia o la solitudine”, osserva Nobili. Forse in tutti questi fattori si possono scorgere le ragioni di un disagio che caratterizza il nostro tempo e provare a intervenire.

“Servirebbe un’intervento capillare, su tutti i livelli, a cominciare dal counseling familiare e dalla formazione del personale scolastico. Il benessere psicologico investe tutti gli ambiti”, secondo Nobili. La malattia mentale dovrebbe essere accettata e affrontata, come una qualunque altra patologia sistemica. Molto spesso purtroppo, ancora oggi, i problemi psicologici spaventano e vengono negati. I genitori di fronte ad un malessere psicologico del bambino possono sentirsi in colpa e non accettarlo. La diffusione dei problemi mentali causata dalla pandemia, potrebbe aiutare a ridurre lo stigma.

Ora siamo in una situazione di emergenza e bisogna intervenire su diversi aspetti. Prima di tutto, e non se ne parla abbastanza, i neuropsichiatri richiamo di andare i burnout, come sta succedendo a molti operatori sanitari che operano in un contesto emergenziale. Inoltre, osserva Nobili, “le Unità fornite di reparti per l’urgenza psichiatrica in Italia sono pochissimi, specialmente per l’urgenza psichiatrica infantile. Questi due anni per noi sono stati un inedito, abbiamo imparato a gestire un aumento del flusso di pazienti e situazioni particolarmente critiche. Serviranno però più reparti e posti letto per far fronte a una fragilità crescente, che probabilmente aumenterà ulteriormente”.

Bibliografia:

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Pandemia, neurosviluppo e salute mentale di bambini e ragazzi. https://www.garanteinfanzia.org/sites/default/files/2022-05/pandemia-neurosviluppo-salute-mentale.pdf

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