La nostra vita non è fatta solo di incontri, emozioni ed esperienze, è fatta anche di odori. Tutto si fissa indelebilmente nella nostra memoria e forma il nostro vissuto. A scoprire che anche l’olfatto ha una stretta relazione con i ricordi è uno studio pubblicato su Nature Communications, che potrebbe arrivare a spiegare perché la perdita dell’olfatto è un sintomo precoce dell’Alzheimer.
Come già intuito dallo scrittore Marcel Proust, c’è una forte connessione tra la memoria e l’olfatto, ovvero il processo che permette di riconoscere gli odori. Esaminando questa connessione nei topi, i neurobiologi dell’Università di Toronto hanno identificato un meccanismo che consente al cervello di ricreare esperienze sensoriali vivide nella memoria, facendo luce su come i ricordi ricchi di sensazioni vengono creati e memorizzati nel nostro cervello.
Attraverso una serie di test hanno infatti esaminato la preferenza dei topi nell’annusare gli odori, notando che preferiscono passare più tempo ad annusare un nuovo odore rispetto a quello che è familiare; quando perdono questa preferenza significa che non ricordano più l’odore anche se l’hanno annusato poco prima.
In particolare, i ricercatori hanno individuato nel Nucleo Olfattivo Anteriore (AON, regione del cervello ancora poco conosciuta), la chiave del percorso neurale: è infatti l’area in cui le informazioni sul quando e dove abbiamo sentito un odore si integrano con il cosa abbiamo odorato (una torta o un fiore). Hanno infatti osservato che si possono simulare i problemi di memoria degli odori scollegando la comunicazione tra l’ippocampo (parte del cervello essenziale per la memoria e implicata nell’Alzheimer) e l’AON.
“I nostri risultati dimostrano per la prima volta come gli odori che abbiamo incontrato nelle nostre vite sono ricreati nella memoria”, ha detto Afif Aqrabawi, autore principale dello studio. Inoltre, suggeriscono i ricercatori, potrebbero essere utilizzati per studiare i deficit di memoria degli odori osservati nelle condizioni neurodegenerative che precedono il declino cognitivo.