Occlusione venosa retinica: nuovi dati positivi per faricimab

Nuovi dati positivi arrivano da due studi internazionali di fase III, BALATON e COMINO, volti a valutare faricimab nell’edema maculare dovuto a occlusione venosa retinica di branca e centrale (BRVO e CRVO) a 24 settimane.

Da questi studi è emerso che il trattamento con faricimab ha prodotto un miglioramento precoce e prolungato della vista, soddisfacendo l’endpoint primario di miglioramento dell’acuità visiva non inferiore a quello osservato con il trattamento a base di aflibercept.

Faricimab ha inoltre evidenziato un rapido e solido riassorbimento del liquido retinico rispetto al basale, come rilevato dalla riduzione dello spessore retinico centrale. Il profilo di sicurezza di faricimab era in linea con quello delle sperimentazioni precedenti.

I risultati saranno presentati l’11 febbraio in occasione del convegno virtuale Angiogenesis, Exudation and Degeneration 2023, organizzato dal Bascom Palmer Eye Institute in Florida, negli Stati Uniti.

“Questi risultati incoraggianti rafforzano le potenzialità di faricimab come nuova opzione di trattamento per coloro che manifestano perdita della vista associata a occlusione venosa retinica”, osserva Levi Garraway, Chief Medical Officer e Head of Global Product Development di Roche, “Poiché questi dati positivi continuano a crescere, riteniamo che faricimab possa ridefinire lo standard di cura per diversi tipi di patologie retiniche che possono portare alla cecità”.

La degenerazione maculare legata all’età neovascolare o “umida” (nAMD), l’edema maculare diabetico (DME) e la occlusione venosa retinica (RVO) colpiscono complessivamente circa 70 milioni di persone su scala globale e figurano tra le principali cause di perdita della vista.

L’efficacia e la sicurezza di faricimab nella nAMD e nel DME sono state dimostrate dai dati a due anni di quattro ampi studi internazionali su oltre 3.000 partecipanti.

I dati degli studi BALATON e COMINO saranno presentati alle autorità sanitarie in tutto il mondo, comprese la FDA e l’EMA ai fini dell’approvazione per il trattamento dell’edema maculare dovuto a RVO. In caso di approvazione, questa rappresenterebbe la terza indicazione di faricimab, che è attualmente autorizzato in oltre 50 paesi per il trattamento della nAMD e del DME.

“L’occlusione venosa retinica può provocare l’accumulo di liquido all’interno e sotto la retina, causando, in caso di mancato trattamento, una rapida e grave perdita della vista”, aggiunge  Ramin Tadayoni, presidente eletto di EURETINA, che presenterà i dati durante il convegno americano. “Questi risultati promettenti evidenziano che faricimab determina una riduzione efficace del liquido all’interno della retina e un miglioramento della vista nei pazienti con occlusione venosa retinica”.

Faricimab è il primo anticorpo bispecifico approvato per uso oculare con studi di fase III che avvalorano intervalli massimi di trattamento di quattro mesi nei soggetti affetti da queste malattie. Colpisce e inibisce due vie di segnalazione connesse a varie patologie retiniche che minacciano la vista; agisce neutralizzando sia l’angiopoietina 2 (Ang-2) sia il fattore di crescita endoteliale vascolare A (VEGF-A). Finora sono state distribuite oltre 450.000 dosi di faricimab in tutto il mondo per il trattamento di queste patologie.

Gli studi BALATON e COMINO
Negli studi BALATON e COMINO i pazienti sono stati randomizzati in rapporto 1:1 al trattamento con sei iniezioni mensili di faricimab (6,0 mg) o aflibercept (2,0 mg) per 20 settimane, con valutazione dell’endpoint primario alla settimana 24. Entrambi gli studi hanno soddisfatto l’endpoint primario, con faricimab che ha dimostrato un miglioramento dell’acuità visiva non inferiore a quello osservato con aflibercept.

Il miglioramento medio della vista rispetto al basale è risultato sovrapponibile tra i due trattamenti in entrambi gli studi. Nello studio BALATON, a 24 settimane, il miglioramento della vista è stato di +16,9 lettere della tavola ottometrica nel braccio faricimab e di +17,5 lettere nel braccio aflibercept.

Nello studio COMINO, a 24 settimane, il miglioramento della vista è stato di +16,9 lettere nel braccio faricimab e di +17,3 lettere nel braccio aflibercept. Inoltre la percentuale di pazienti che hanno guadagnato 15 o più lettere è risultata sovrapponibile tra i bracci di trattamento in entrambi gli studi.

La presenza di liquido all’interno della retina nella parte posteriore dell’occhio a seguito della fuoriuscita dai vasi sanguigni può causare rigonfiamento e visione offuscata. Un endpoint secondario ha dimostrato che con faricimab è stato ottenuto un rapido e solido riassorbimento del liquido retinico rispetto al basale, come rilevato dalla riduzione dello spessore retinico centrale (CST).

In entrambi gli studi, la riduzione del CST è risultata sovrapponibile tra i bracci di trattamento. Nello studio BALATON, la riduzione del CST è stata di -311,4 μm nel braccio faricimab e di -304,4 μm nel braccio aflibercept. Nello studio COMINO, la riduzione del CST è stata di -461,6 μm nel braccio faricimab e di -448,8 μm nel braccio aflibercept.

Da entrambi gli studi è inoltre emerso che, come osservato in un endpoint esplorativo prestabilito, un numero più elevato di pazienti trattati con faricimab ha evidenziato l’assenza di fuoriuscita di liquido dai vasi sanguigni nella retina rispetto ai pazienti trattati con aflibercept. Nello studio BALATON, un terzo dei pazienti (34%) trattati con faricimab ha evidenziato l’assenza di fuoriuscita di liquido, contro un quinto (21%) dei pazienti trattati con aflibercept. Nello studio COMINO, i tassi si sono attestati al 44% per i pazienti trattati con faricimab e al 30% per i pazienti trattati con aflibercept.

In entrambi gli studi, il profilo di sicurezza di faricimab era in linea con quello delle sperimentazioni precedenti. La reazione avversa più comune è stata l’emorragia della congiuntiva (3%). I risultati di sicurezza erano coerenti tra i bracci degli studi.

Gli studi sono in corso e i dati delle settimane 24-72 valuteranno se sarà possibile estendere gli intervalli di somministrazione di faricimab fino a ogni quattro mesi.

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