Nuovo vaccino anti Herpes Zoster anche in oncoematologia

“Le persone con malattie oncologiche del sangue presentano, in media, una probabilità maggiore di 4-5 volte di sviluppare l’Herpes Zoster rispetto alla popolazione di pari età, sesso e altre condizioni. Tale probabilità, nei pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali, è 10 volte superiore. Il rischio della nevralgia post erpetica, la conseguenza tardiva, prolungata e debilitante, è estremamente più elevato in questa popolazione con malattia ematologica. Oggi disponiamo di un nuovo vaccino ricombinante adiuvato che può essere impiegato nei pazienti ematologici”. Lo dice Corrado Girmenia, ematologo specialista in Microbiologia e Virologia, responsabile Uosd di Pronto soccorso e accettazione ematologica Auo Policlinico Umberto I di Roma e responsabile scientifico dell’evento formativo Ecm-Fad dal titolo: ”Innovazione nella prevenzione dell’Hepes Zoster in ematologia e trapianto di cellule staminali- indicazioni pratiche sul nuovo vaccino ricombinante adiuvato”, realizzato con il contributo non condizionante di Gsk.

”I virus erpetici – Zoster, Simplex, Citomegalovirsu, Epstein Barr – sono molto diffusi, provocano un’infezione e poi permangono in alcuni siti dell’organismo, dove sono tenuti a bada dal sistema immunitario, ma non vengono debellati”, spiega Girmenia. “In  alcuni momenti della propria vita, in caso di deficit immunologico – che non si verifica solo in caso di malattie del sistema immunitario o neoplastiche, ma anche in persone immunocompetenti in cui ci sia ridotto controllo immunitario – questi virus si riattivano e provocano una nuova infezione”.

Lo Zoster, in particolare, si localizza nei gangli nervosi e, tipicamente, ”quando si riattiva – aggiunge l’ematologo -, colpisce un metamero, cioè una parte del nostro corpo, di solito cutanea, di competenza del nervo e comporta la formazione di vescicole in quest’area. Il problema non è tanto nelle vescicole che permangono per 8-10 giorni, ma nella neuropatia post-erpetica, altamente debilitante, con dolori che permangono mesi e anni. Si parla di fuoco di Sant’Antonio, in riferimento al dolore che condiziona la qualità di vita delle persone”.

Lo specialista spiega che non tutti i pazienti oncoematologici presentano lo stesso rischio. “Sono più a rischio i pazienti con mielomi che ricevono particolari trattamenti, quelli con linfomi e leucemie croniche trattati con anticorpi monoclonali o trapiantati con cellule staminali, oltre ad altre condizioni ematologiche che si manifestano con l’avanzare degli anni. Quando la probabilità di infezione aumenta, le linee guida prevedono l’uso di antivirali in prevenzione. L’efficacia è importante, ma non assoluta. I pazienti che fanno profilassi per anni, 1-2 dopo il trapianto, anche a pochi giorni dalla sospensione del trattamento, hanno una riattivazione dell’infezione”.

”Fino ad oggi – dice l’esperto – avevamo solo una possibilità di prevenzione farmacologica perché il vaccino disponibile, in commercio da tanti anni, è con virus vivo e attenuato quindi controindicato nei pazienti immunocompromessi. I pazienti ematologici non possono essere sottoposti a questa vaccinazione”.

Da alcuni mesi, ”in Italia è disponibile un vaccino ricombinante adiuvato anti Herpes Zoster che può essere impiegato anche nei pazienti oncoematologici – ricorda Girmenia -. All’interno di questo vaccino non c’è il virione vivo, ma una particella del virione collegata a strutture proteiche e lipidiche che ne aumentano l’immunogenicità. Il soggetto vaccinato quindi produce anticorpi e cellule T che sono in grado di tenere a bada il virus. L’antigene che serve per la risposta immunitaria è una glicoproteina virale ricombinante e adiuvante”.

I dati della letteratura sull’uso del vaccino in questi pazienti ematologici ”non sono completi e soddisfacenti. È efficace – sottolinea l’ematologo – nell’evitare l’infezione in una grande fetta di questi pazienti – dal 20% nelle situazioni peggiori, nel 90% in quelle migliori – ma non sappiamo se possiamo abbandonare la vecchia profilassi antivirale. Il grande sforzo della comunità scientifica è ragionare su quando e come si debba somministrare il vaccino. A quale paziente e in quale momento della storia di malattia e quando si debba sospendere la profilassi antivirale”.

Come osserva l’ematologo, ”abbiamo a disposizione molti vaccini anche per pazienti immunocompromessi – antipneumococcico, antinfluenzale e antimeningococcico – ma il problema è che solo una piccola parte, non più del 2% dei pazienti ematologici o con altri deficit immunologici, ha ricevuto negli scorsi anni un vaccino antipneumococcico o altro”. Questo accade ”non perché i pazienti non si fidino, ma perché manca la cultura vaccinale nei medici. Ci sono esperienze nel Nord Europa che mostrano come, dove il medico ha dato indicazione alla vaccinazione, l’adesione dei pazienti è stata del 90%: una persona adeguatamente informata non rifiuta la pratica vaccinale”, conclude Girmenia.

Fonte: Adnkronos

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