Nelle nuvole “volano” geni di antibiotico-resistenza

L’antibiotico-resistenza si diffonde anche attraverso le nuvole. A fare questa singolare scoperta è stato un team dell’Université Laval in Quebec e dell’Université Clermont Auvergne (Francia) che l’ha descritta su Science of the Total Environment.

“Questo è il primo studio che dimostra che nelle nuvole ci sono i geni della resistenza agli antibiotici di origine batterica, in concentrazioni paragonabili a quelle riscontrate in altri ambienti naturali”, spiega Florent Rossi, primo autore della ricerca.

Il team canadese ha campionato le nuvole sulla cima del Puy de Dôme, un vulcano dormiente nel Massiccio Centrale francese. In una stazione di ricerca atmosferica 1.465 metri dal suolo, gli scienziati hanno condotto 12 sessioni di campionamento delle nuvole nell’arco di due anni.

L’analisi di questi campioni ha mostrato che contenevano, in media, circa ottomila batteri per millilitro d’acqua delle nuvole. Si tratta di micoorganismi che di solito vivono sulla superficie della vegetazione o del suolo, resi in forma di aerosol dal vento e dalle attività umane.
Alcuni “sono in grado di salire sull’atmosfera andando a contribuire alla formazione delle nuvole”, sottolinea Florent Rossi. Le concentrazioni sono variabili, da 330 a oltre 30mila batteri per millilitro di acqua di nuvola: tra il 5 e il 50% di questi batteri potrebbe essere vivo o potenzialmente attivo.

Per quel che riguarda i geni della resistenza, gli scienziati hanno misurato le concentrazioni di 29 sottotipi trasportati dalle nuvole, che contenevano, in media, 20.800 copie di geni di resistenza agli antibiotici per millilitro di acqua nelle nuvole. “Il nostro studio mostra che le nuvole sono un percorso importante per i geni di resistenza agli antibiotici che si diffondono, così, a breve o a lungo raggio. Le nuvole oceaniche e le nuvole continentali hanno ciascuna la loro firma di geni di resistenza agli antibiotici. Ad esempio, le nuvole continentali contengono più geni di resistenza agli antibiotici utilizzati nella produzione animale”, conclude Rossi.

Fonte: Science of the Total Environment 2023

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