Nei musei naturalistici un’etichetta su due è sbagliata: succede perché il numero di piante e animali scoperti è enorme e per la mancanza di personale dedicato ad aggiornare le classificazioni. A fare la stima è uno studio, guidato da Robert Scotland, dell’Università di Oxford, e pubblicato su Current Biology, che dimostra la necessità di rimettere ordine nelle collezioni se si vogliono tenere aggiornate le stime sulla biodiversità nel pianeta. “Il fatto che nei musei ci siano molti specie animali e vegetali con un nome sbagliato e’ un vero problema”, ha spiegato lo zoologo Marco Oliverio, della Sapienza di Roma. “I musei – ha proseguito – sono il deposito dove si raccolgono i campioni delle specie, anche molte estinte, e l’errore si propaga a catena. Si tratta degli stessi elenchi che si usano ad esempio nei ministeri quando si compilano gli elenchi delle specie pericolose o da proteggere”. Secondo lo studio la fonte di questi errori è duplice: da un lato il boom di nuove specie scoperte negli ultimi 50 anni e dall’altro la parallela diminuzione di personale dedicato all’aggiornamento dei cataloghi, vecchi anche di un secolo, alla luce delle nuove scoperte. I nomi delle specie infatti vengono stabiliti attraverso alcune convenzioni che possono cambiare nel tempo, anche a livello locale, e nuove scoperte come quelle rese possibili dalla genetica possono stravolgere le classificazioni. “Eppure per cambiare la situazione basterebbero pochi soldi”. ha spiegato Oliverio. “L”Italia aveva una grande tradizione mentre oggi abbiamo gravi mancanze – ha aggiunto – basti pensare che non abbiamo uno specialista nella classificazione del gruppo di animali come i ricci e le stelle marine. Questo vuol dire che se ad esempio viene ritrovata una specie sconosciuta nei nostri mari dobbiamo mandare il campione all’estero per farlo studiare”.
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