Mais Ogm: studio italiano lo assolve. Non vi è rischio per la salute

Mais Ogm assolto: non è rischioso per la salute umana, animale e ambientale. A sostenerlo è la Scuola Superiore Sant’Anna e Università di Pisa che ha condotto la prima e più vasta analisi dei dati relativi a 20 anni di coltivazioni nel mondo, dal 1996 al 2016, in Usa, Europa, Sud America, Asia, Africa e Australia. Come riportato su Scientific Reports, ”non c’è alcuna evidenza di rischio per la salute umana, animale o ambientale dal mais transgenico”.

La ricerca
“Questa analisi fornisce una sintesi efficace su un problema specifico molto discusso pubblicamente”, ha rilevato la coordinatrice della ricerca, Laura Ercoli, docente di Agronomia e Coltivazioni Erbacee all’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna. Con lei hanno lavorato Elisa Pellegrino, Stefano Bedini e Marco Nuti.

Tutti gli autori rilevano che “lo studio ha riguardato esclusivamente l’elaborazione rigorosa dei dati scientifici e non l’interpretazione ‘politica’ dei medesimi” e ritengono che i dati appena pubblicati permettono di “trarre conclusioni univoche, aiutando ad aumentare la fiducia del pubblico nei confronti del cibo prodotto con piante geneticamente modificate”.

Dall’analisi di 11.699 dati contenuti in articoli di riviste scientifiche accreditate, è emerso che le colture di mais transgenico hanno una resa superiore dal 5,6% al 24,5%, non hanno effetto sugli organismi non-target (cioè non bersagli della modificazione genetica), tranne la naturale diminuzione del “Braconide parassitoide” dell’insetto dannoso target “Ostrinia nubilalis” e contengono concentrazioni minori di micotossine (-28,8%) e fumonisine (-30,6%) nella granella, ovvero nei chicchi del mais stesso.

La situazione in Italia e in Europa

L’Italia è uno dei diciassette Paesi Ue che ha scelto di non coltivare piante ogm sul proprio territorio. Lo consente una direttiva del 2015. L’unica pianta transgenica che ha licenza di essere coltivata in Europa, un mais resistente alla piralide, resta confinato in cinque Paesi (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania).

Buona parte dell’Ue, insomma, dice no al transgenico. Ma importa quantitativi generosi di materie prime Ogm: secondo la Commissione europea, qualcosa come 30 milioni di tonnellate l’anno di soia e tra 0,5 e 3 milioni di tonnellate di mais, fondamentali per gli allevamenti del continente. Nel 2016 l’Italia da sola ha importato 1,3 milioni di tonnellate di semi e circa 2 milioni di tonnellate di panelli di soia, principalmente dalle Americhe, dove l’80-90% della soia è Ogm.

Secondo le stime di Assalzoo, l’associazione nazionale dell’industria mangimistica italiana, l’85% della soia utilizzata nelle filiere italiane è transgenica e ormai da anni l’Italia è diventata deficitaria anche nel mais. Il ”no” alla coltivazione e il laissez faire sulle importazioni è uno dei tanti paradossi nell’irrisolto rapporto dell’Europa con gli Ogm. Una storia cominciata nella seconda metà degli anni Novanta, quando le prime richieste di autorizzazione di Ogm arrivavano nelle capitali europee alle prese con il trauma della mucca pazza, il primo vero scandalo alimentare a dimensione continentale. Da allora forse nasce una diffidenza che prosegue ancora oggi, nonostante in altre parti del mondo le colture Ogm (essenzialmente soia, mais, cotone e canola tolleranti agli erbicidi o resistenti ai parassiti) siano passate da 1,5 milioni di ettari del 1996 a 185,1 milioni di ettari nel 2016, e malgrado i reiterati pareri da parte delle agenzie Ue sulla sicurezza delle colture transgeniche.

I Paese dell’Unione Europa continuano regolarmente a spaccarsi e a non decidere sulle domande di autorizzazione per l’immissione in commercio di Ogm, sia per la semina che per l’importazione. Nel 2015, la Commissione europea ha provato ad applicare alle importazioni lo stesso principio usato per le coltivazioni, proponendo che gli Stati membri potessero limitare o vietare l’uso di alimenti e mangimi transgenici sul loro territorio. La bozza è stata respinta nella sua integrità dall’Europarlamento e giace dimenticata da tre anni in Consiglio.

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