L’ira dei medici: le terapie intensive di cui parla Arcuri sono solo “su carta”

Gli 11.300 posti nelle rianimazioni a cui si riferisce il commissario all’emergenza Covid Domenico Arcuri sarebbero solo “sulla carta” ed il personale sarebbe insufficiente. A dirlo sono gli stessi medici insorti dopo l’affermazione del commissario sui reparti di terapia intensiva sui quali “non c’è pressione”.

Solo l’altro ieri, infatti, Arcuri aveva rimarcato come “Al picco abbiamo avuto nel nostro Paese circa 7 mila pazienti in rianimazione, duemila di più della totale capienza dei reparti. Oggi abbiamo circa 10 mila posti di terapia intensiva e arriveremo a 11.300 nel prossimo mese. Attualmente ci sono circa 3.300 ricoverati in terapia intensiva per Covid, quindi la pressione su questi reparti non c’è”.

Alle cifre del commissario ribatte Carlo Palermo, segretario del maggiore dei sindacati dei medici ospedalieri, l’Anaao-Assomed. I posti di terapia intensiva oggi disponibili ed attivi in Italia, precisa, “sono valutabili intorno a 7.500. La dotazione organica attuale di rianimatori e infermieri specializzati garantisce solo con questi numeri sicurezza e qualità delle cure”. La soglia del 30%, indicata come livello di allarme di posti letto di Terapia intensiva dedicati alla Covid-19 è quindi posta intorno a 2.300 ricoveri e “oramai – rileva – siamo ben oltre il 40% dei posti presenti. In molte realtà i pazienti aspettano ore, se non giorni, anche intubati, nei PS prima di essere avviati nei reparti intensivi”. E quando si indicano in “oltre 11 mila i posti totali di terapia intensiva – sottolinea Palermo – si deve specificare che circa 3.500 sono solo sulla carta, attivabili in condizioni critiche e non immediatamente, comprendendo letti in via di approntamento, le cui gare sono partite solo ad ottobre, nonché letti sub-intensivi e chirurgici già utilizzati nelle ordinarie attività ospedaliere. Senza contare che, in ogni caso, non sarebbe disponibile il personale medico e infermieristico necessario per la cura e l’assistenza dei pazienti”.

In risposta ad Arcuri interviene anche Antonio Giarratano, presidente della Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (Siaarti), avvertendo come “in realtà, nelle regioni rosse la pressione è quasi insostenibile e in quelle arancioni è molto ma molto pesante. Sostenere che 10.000 ventilatori possano garantire un sufficiente margine per sostenere questa crescita esponenziale di ricoveri in terapia intensiva – afferma – Significa pensare che basti saper accendere un ventilatore per salvare una vita. Purtroppo non è cosi”. Sulla stessa linea anche il direttore del dipartimento di Microbiologia e Virologia all’Università di Padova Andrea Crisanti, che ha rimarcato come “un posto di terapia intensiva non si crea solo accendendo un ventilatore. C’è dietro tutta una struttura, ci sono competenze difficili da moltiplicare. Perché non si moltiplicano i letti senza utilizzare infermieri e rianimatori”. Un rianimatore, ha concluso, “ci vogliono anni a formarlo, e più posti letto segue, più è difficile per lui curare i pazienti”.

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