Leucemia mieloide cronica. Possibile tossicità cardiovascolare degli inibitori delle tirosin chinasi

Gli inibitori delle proteine tirosin chinasi (TKI), usati nel trattamento di pazienti affetti da leucemia mieloide cronica, sembrano essere associati ad un maggiore rischio di complicanze cardiovascolari rispetto ad altri farmaci antitumorali. Lo suggerisce uno studio condotto dall’Università degli studi di Messina in collaborazione con l’Université de Bordeaux, pubblicato sulla rivista Cancers.

La leucemia mieloide cronica è una malattia maligna delle cellule emopoietiche, quelle che danno origine alle cellule del sangue. Questa patologia è caratterizzata da un’elevata attività dell’enzima tirosin chinasi, ragione per cui sono stati sviluppati dei farmaci che inibiscono selettivamente questa proteina. Negli anni 2000, l’introduzione degli inibitori della tirosin chinasi, ha migliorato notevolmente la sopravvivenza dei pazienti, cambiando la storia della malattia. Da allora sono state sviluppate molecole di seconda e terza generazione, che, insieme al successo terapeutico, portano con sé una certa tossicità cardiovascolare. Quindi, tra gli esperti, è emerso il dubbio che questi farmaci di scelta per la patologia potessero essere associati ad eventi cardiaci.

Per questa ragione, nello studio condotto dalla dott.ssa Santa Cirmi e dal prof. Michele Navarra, in collaborazione con il gruppo del prof. Francesco Salvo, i ricercatori hanno analizzato oltre 700.000 reports provenienti dal database FAERS (Adverse Event Reporting System) della Food and Drug Administration (Fda). “Si tratta di una banca dati, in cui gli operatori sanitari, ma anche i pazienti di tutto il mondo, possono segnalare spontaneamente degli eventi avversi correlati alla somministrazione dei farmaci. Noi abbiamo analizzato quelli correlati ai farmaci antitumorali”, spiega Cirmi. Tra tutti i reports analizzati, oltre 64.000 riportavano l’insorgenza di eventi cardiovascolari, e tra questi il 6% (3.930) si verificava in pazienti trattati con TKI. “Naturalmente, sono stati analizzati solo i reports di segnalazione di eventi avversi gravi, non considerando quelli più lievi, riportati dall’intera popolazione di pazienti che assumono TKI”. Tutti gli inibitori delle tirosin chinasi presentano il rischio di sviluppare eventi cardiovascolari, ma questo studio mette in evidenza che, tra i farmaci, esistono delle differenze in termini di sicurezza cardiovascolare, con particolare riferimento ad insufficienza cardiaca, cardiopatia ischemica, aritmie cardiache, ipertensione, ma, soprattutto, torsione della punta, un particolare tipo di tachicardia ventricolare, che può essere fatale.

“La nostra principale scoperta è proprio questa: il nilotinib presenta il rischio di provocare torsione della punta 12 volte maggiore rispetto agli altri farmaci. Questo principio attivo è classificato come medicinale a ‘possibile rischio’ di torsione della punta, perché sino ad oggi sono mancate le evidenze scientifiche a supporto di ciò. Pertanto, questo studio fornisce le basi che potrebbero suggerire la riclassificazione del nilotinib come farmaco a ‘rischio noto’ di torsione della punta. Quindi, suggeriamo di fare particolare attenzione alla storia del paziente, quando si sceglie di prescrivere questa molecola”.

Il ponatinib, invece, è stato associato ad un maggiore rischio di ipertensione rispetto agli altri TKI, mentre, il dasatinib e l’imatinib sono correlati ad un aumento del rischio di ipertensione polmonare.

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