
“Questo studio rimarca il ruolo dell’oceano come polmone del nostro sistema climatico”, ha rilevato Carlo Barbante, direttore dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e climatologo dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Le acque dell’oceano, ha aggiunto, “rappresentano una sorta di sistema tampone, in grado di assorbire calore”. Lo studio è basato sulle analisi dei resti fossili di minuscoli organismi acquatici, sia animali che vegetali, che compongono il plancton, alla base della catena alimentare marina. Dopo la morte di questi organismi, infatti, i loro gusci mineralizzati si depositano sui fondali, accumulandosi nei millenni. Riportandoli alla luce, quindi, i ricercatori di Cardiff hanno potuto compiere un viaggio indietro nel tempo, ricostruendo il clima europeo degli ultimi 3.000 anni.
E’ stato possibile, per esempio, ricostruire la cosiddetta ‘Piccola era glaciale‘ che ha investito l’Europa tra il 1.350 e il 1.850, facendo più volte congelare le acque del Tamigi, come mostrano alcuni dipinti dell’epoca. La pubblicazione dello studio cade nel pieno del dibattito sul ruolo dell’uomo nei cambiamenti climatici. Lo studio appena pubblicato dimostra che sulla Terra il clima è cambiato molte volte per meccanismi naturali, ma secondo Barbante “questo non sminuisce il ruolo dell’uomo, il cui impatto sul clima è ormai evidente. Le variazioni naturali, come dimostra lo studio sui cambiamenti climatici in Europa, sono state di pochi decimi di grado in periodi molto lunghi, ad esempio di 400 anni. Invece, l’impatto dell’uomo sul clima di oggi – ha concluso Barbante – è molto più imponente, con un aumento delle temperature di circa un grado in appena qualche decina di anni”.
