La gestione del rischio nelle sale operatorie

L’innovazione e l’introduzione di nuove tecnologie e nuove soluzioni svolgono un ruolo fondamentale nell’ottimizzazione delle attività chirurgiche e contribuiscono a ridurre il rischio in sala operatoria. Per questo motivo, i medici e le strutture sanitarie, dovrebbero essere aperti al cambiamento. Sono queste le conclusioni a cui giungono gli esperti di Emilia Romagna e Toscana intervenuti al Regional Summit di Sics, organizzato con il contributo incondizionato di Mölnlycke, sulla gestione del rischio nelle sale operatorie.

Hanno partecipato Federico Gelli, Presidente della Fondazione Italia in Salute; Fabrizio Gemmi coordinatore dell’Osservatorio per la Qualità e l’Equità – ARS Toscana; Fausto Catena, direttore dell’UO di Chirurgia e d’Urgenza all’Ospedale Bufalini di Cesena; Francesco Venneri, Dirigente medico di Chirurgia Generale, Azienda Sanitaria di Firenze; Giovanni Barbanti Brodano Specialista in Patologia e Chirurgia Vertebrale all’IRCCS, Istituto Ortopedico Rizzoli.

L’uso delle check-list in sala operatoria
Barbanti Brodano e i colleghi studiano ormai da anni delle strategie per migliorare la sicurezza nell’ambito della chirurgia vertebrale. “Tutto è iniziato quando un mio collega mi ha fatto notare l’eccessivo numero di complicanze in seguito alle operazioni chirurgiche”, racconta Barbanti Brodano. In effetti, un’analisi di 917 interventi, eseguiti tra il 2010 e il 2012, ha mostrato che circa il 17% dei pazienti è andato incontro, dopo l’operazione, a complicanze maggiori. “In letteratura erano riportate percentuali simili, tra il 16% e il 20%”. D’altra parte, il team si è reso conto che i chirurghi della colonna vertebrale riportavano un tasso di complicanze decisamente più elevato rispetto ad esempio a quello di traumatologi o protesisti.

“Nel 2011, in chirurgia, è stato introdotto l’uso di una check-list, un elenco di azioni che devono essere verificate prima dell’ingresso del paziente in sala operatoria, prima dell’intervento e prima della dimissione, per essere sicuri di aver fatto il possibile per evitare eventi avversi”. I medici hanno quindi valutato l’incidenza di complicanze prima e dopo l’uso sistematico della check-list nella propria struttura e hanno scoperto che prima dell’uso della check-list (nel 2010), il tasso di complicanze era del 24,3%, mentre dopo, tra il 2011 e il 2012, è sceso al 14%.

“Questi strumenti, se ben utilizzati, possono contribuire a ridurre il rischio in sala operatoria”, conclude Barbanti Brodano. In che modo? Ad esempio portando l’attenzione del medico a una corretta antibiotico profilassi prima dell’intervento, con una conseguente riduzione delle infezioni al sito chrurgico.

L’importanza della standardizzazione
“Nella gestione del rischio, l’organizzazione e l’uso delle check-list, sono fondamentali”, concorda Catena. “Sono strumenti che vanno implementati, perfezionati e adattati alla pratica medico-chirurgica”. E porta un altro esempio: nella conta delle garze, che deve essere fatta prima e dopo l’intervento, grazie a dei semplici strumenti è possibile aumentare l’organizzazione e ridurre gli errori. “L’uso di set procedurali predefiniti, con un numero di garze, teli, strumenti contati in base a ciò che serve  nel corso dell’intervento” aiuta molto. Si possono poi usare delle tasche di plastica che permettono di separare le garze usate, quindi di contarle con maggiore precisione. E ancora, quando in tutte le sale verranno usate garze con microchip, diventerà impossibile che un paziente esca dalla sala operatoria con una garza nel corpo. “La standardizzazione svolge un ruolo importante”.

“Gli ospedali sono sistemi ad alta complessità, l’introduzione di tecnologie che supportino questa complessità e che migliorino l’affidabilità aiutano lo svolgersi del processo”, aggiunge Venneri. Il “risk management a 60 gradi vuol dire considerare il fattore umano, l’innovazione, quello che l’industria può rappresentare a supporto del professionista”.

Riprese video e programmazione
Gelli, nel suo intervento, parla della legge 24/2017 (Legge Gelli-Bianco), la quale richiede che tutte le strutture sanitarie operino secondo i principi di efficacia, qualità e sicurezza delle cure. L’esperto osserva come, un altro strumento semplice potrebbe risultare molto utile in sala operatoria: la ripresa video degli interventi chirurgici. L’introduzione obbligatoria delle video riprese delle operazioni permetterebbe di avere a disposizione un resoconto dettagliato e obiettivo di ciò che accade in sala operatoria e questo ha un importante valore legale, assicurativo e didattico.

Gemmi sottolinea invece l’importanza della programmazione chirurgica, possibile anche in caso di operazioni d’urgenza, poiché alcune operazioni urgenti sono frequenti e “prevedibili”. Un’attenta programmazione ha consentito, in Toscana, una riduzione della degenza media e della degenza pre-operatoria a partire dal 2009, rispetto al resto d’Italia.

In conclusione, secondo gli esperti, il chirurgo deve essere aperto alle innovazioni e al cambiamento, che può avvenire naturalmente con il supporto aziendale. E’ importante poter adottare nuove soluzioni, come set procedurali e check list, che aiutino a contenere il rischio in sala, attraverso la standardizzazione delle procedure e l’utilizzo di approcci più strutturati. “Le aziende sanitarie dovrebbero avere il coraggio di rivedere dei protocolli obsoleti, alcune procedure interne sono le stesse da 20-30 anni”, osserva Gelli. Il lavoro e l’approccio dei professionisti, poi “è parte di un progetto più ampio che porta alla definizione della sicurezza e delle cure, a partire dall’elaborazione di nuove linee guida”, poiché coloro che scriveranno le linee guida devono essere “coloro che le applicheranno nella pratica”.

 

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