
Il progetto
Il piano, spiegato sulla rivista Nature da Zach Mainen, del Champalimaud Centre for the Unknown di Lisbona, Michael Hausser, dello University College di Londra e Alexandre Pouget, dell’Università di Ginevra, prende spunto dal modo in cui i gruppi di ricerca sulla fisica delle particelle del Cern preparano i loro esperimenti, e in particolare l’esperimento Atlas, che coinvolge 3.000 fisici. Anche se in questo caso i numeri saranno più contenuti, i principi base della collaborazione sono simili. ”Quello che proponiamo è una sorta di ‘Grande teoria unificata’ della ricerca sul cervello”, precisa Mainen. ”Non è ancora chiaro se i mega-progetti di ricerca sul cervello partiti in questi anni – aggiunge – che coinvolgono più discipline saranno efficaci. Una volta finanziati, i laboratori spesso tornano a lavorare sulla loro parte di progetto quasi in isolamento”.
La loro proposta è invece una collaborazione di fondo tra i ricercatori che nel mondo stanno già lavorando sugli stessi problemi, partendo da piccoli obiettivi, per poi espanderli nel tempo. L’idea è di far collaborare 10 laboratori con 20 coordinatori scientifici, e 50-100 ricercatori per condurre esperimenti che vadano oltre la portata dei singoli laboratori. Tutto ciò seguendo dei principi semplici, come focalizzarsi su una singola funzione del cervello, combinare ricercatori sperimentalisti e teorici, standardizzare strumenti e metodi, condividere i dati, e assegnare crediti in modo nuovo. Tutti lavoreranno sugli stessi esperimenti, con gli stessi strumenti e gli stessi software.
Un progetto positivo negli obiettivi, secondo Giorgio Vallortigara, direttore del Centro Mente/cervello dell’Università di Trento, ma il cui obiettivo potrebbe rivelarsi vano. ”Non tutti sono convinti che il cervello funzioni secondo un’unica teoria generale – precisa -Penso piuttosto che sia un insieme di ‘trucchetti’ messi insieme dall’evoluzione per far fronte a diversi problemi, come i meccanismi della memoria, tornare alla tana”. Cercare una teoria generale potrebbe ”rivelarsi vano – prosegue – Forse sarebbe meglio cercare i singoli moduli evolutivi del cervello”. L’ultima parola al futuro, staremo a vedere.
