
I ricercatori hanno usato tecniche di imaging ad alta velocità, grazie alle quali sono stati in grado di mappare una serie di eventi che si verificano quando il cervello entra nel sonno profondo e le onde cerebrali iniziano a rallentare e sincronizzarsi. Hanno così scoperto che il flusso di sangue al cervello diminuisce, consentendo un afflusso di liquido cerebrospinale che lava via i detriti della giornata formati da proteine e altre sostanze di scarto, che potrebbero danneggiare il cervello se non fossero puntualmente eliminate.
La ricerca “mostra che il sonno ha un modello unico di flusso di fluidi nel cervello”, ha dichiarato Lewis. “Precedenti studi su animali avevano evidenziato che durante il sonno proteine come la beta-amiloide, una delle due proteine caratteristiche dell’Alzheimer, vengono eliminate più rapidamente dal cervello”, ha sottolineato la ricercatrice che insieme ai suoi colleghi sospetta che uno scarso sonno nei pazienti con disturbi neurologici possa influire sul processo di ‘pulizia’, portando alla degenerazione.
Un’ipotesi riportata anche da Soren Grubb, dell’Università di Copenhagen, e Martin Lauritzen, del Rigshospitalet, sempre a Copenhagen, che hanno scritto un editoriale di accompagnamento dell’articolo. “I disturbi del sonno accompagnano comunemente l’invecchiamento, i principali disturbi depressivi e la demenza e sarà interessante valutare se le dinamiche del liquido cerebrospinale legate al sonno profondo possano essere usate come biomarker per diverse patologie e se le strategie per ripristinare il sonno profondo possano salvaguardare la funzionalità cerebrale”, hanno concluso i due esperti.
Fonte: Science
Linda Carroll
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
