
Lo studio
I ricercatori hanno esaminato dati relativi a 45.389 coppie madre-figlio, rilevando l’uso del cellulare da parte delle mamme durante la gravidanza e lo sviluppo di linguaggio, comunicazione e abilità motorie dei loro figli all’età di 3 e 5 anni. Nel complesso, circa il 10% delle donne ha dichiarato di non avere mai usato itelefoni cellulari durante la gravidanza, o di averlo fatto raramente: il 39% ne aveva fatto un uso considerato “basso”, il 47% “medio” e circa il 4% erano inveci utenti “alti”. I ricercatori classificato le donne come” basse utenti “se utilizzavano il cellulare poche volte alla settimana, “medie” se utilizzavano dispositivi mobili ogni giorno. Le utenti “elevate” utilizzavano i telefoni cellulari almeno un’ora ogni giorno. Si è così evidenziato che – rispetto ai bambini nati da donne che raramente utilizzavano telefoni cellulari durante la gravidanza – i bambini delle donne che facevano un uso frequente del dispositivo, all’età di 3 anni, presentavano un rischio inferiore di 27% di un cattivo sviluppo del linguaggio, l 14% di rischio inferiore di avere lacune grammaticali e il 18% di scarsa capacità motoria. “Non abbiamo trovato alcuna evidenza di un effetto nocivo della madre che utilizza il cellulare durante la gravidanza sullo sviluppo neurocerebrale del figlio a 3 e 5 anni – afferma Alexander – Sorprendentemente, più la madre usava il cellulare durante la gravidanza, maggiori erano le capacità di sviluppo del linguaggio edel le abilità motorie del bambino a 3 anni”. Lo studio non era disegnato come un esperimento caso-controllo, dunque non è possibile definire se o come l’esposizione al cellulare durante la gravidanza abbia potuto influenzare lo sviluppo del bambino. Inoltre i genitori potrebbero anche avere fornito informazioni imprecise sullo sviluppo del linguaggio del loro bambino.
“Tuttavia – concludono i ricercatori, i risultati dovrebbero rassicurare le donne in gravidanza sul fatto che utilizzando un telefono cellulare non debbano necessariamente danneggiare lo sviluppo neurocognitivo dei loro figli dei loro bambini”.
Fonte: BMC Public Health
Lisa Rapaport
(Versione italiana Quotidiano Sanità/ Popular Science)
