
Lo studio
I ricercatori hanno esaminato le cartelle di 4.581 donne che si sono sottoposte a uno o più cicli di fecondazione assistita in vitro dal 2016 al 2014. Inoltre, si sono serviti dei dati sul monitoraggio dell’inquinamento a livello distrettuale provenienti da 40 punti della città per valutare l’esposizione oraria media di ogni donna, nel corso dei trattamenti, a diossido di nitrogeno, monossido di carbonio, diossido di zolfo, ozono ePM 10. Il team ha successivamente analizzato gli effetti di ciascun agente inquinante in ognuna delle quattro fasi del processo di fecondazione assistita, effettuando un test ormonale per rilevare una gravidanza in fase iniziale e un altro successivamente per confermare o meno la gravidanza. L’età media delle donne era di 35 anni e a metà di esse erano sati impiantati due o più embrioni .
I risultati
Nel complesso, circa il 51% delle pazienti è riuscito a rimanere incinta. In ogni ciclo, il tasso di aborto biochimico era pari a 9,4%. Per gravidanze intrauterine, successivamente confermate, il tasso di aborto per ciclo è stato del 38%. Le fasi critiche per l’aborto erano la prima e la terza del processo di fecondazione assistita. Durante la fase iniziale, una maggior esposizione a diossido di nitrogeno e monossido di carbonio era legata a riduzioni del 7% e del 6% delle possibilità di avere una gravidanza intrauterina.Durante la terza fase, una maggiore esposizione a diossido di nitrogeno, monossido di carbonio e PM 10 era anche associata al 7-8% in meno di probabilità di gravidanza intrauterina. Inoltre, l’esposizione a diossido di nitrogeno e PM 10 era legata al 17% e 18% in più delle possibilità di aborto biochimico.
Fonte: Hum Reproduction 2018.
Mary Gillis
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
