
Nel 2016 la World Health Assembly ha accolto l’obiettivo di eliminazione proposto dall’Oms, definito come una riduzione del 90% dell’incidenza nel mondo e del 65% della mortalità entro il 2030. “La bassa copertura di test e trattamenti – afferma il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom – è il gap più importante che bisogna colmare per raggiungere gli obiettivi di eliminazione”.
Per quest’anno è stata scelta la Mongolia come sede della manifestazione principale a testimonianza del fatto che l’area Pacifico Occidentale ha il maggior numero di persone che vivono con epatiti croniche tra tutte le regioni dell’Oms. Mentre l’epatite B è concentrata soprattutto in Africa e Asia, dove le coperture vaccinali sono più basse, il problema della C è comune a tutti i continenti, con 70 milioni di malati cronici nel mondo. Proprio a loro sono dedicate le linee guida sui trattamenti appena pubblicate in occasione della giornata.
“Eliminare le epatiti richiede innovazione e migliori servizi sanitari – afferma Gottfried Hirnschall, direttore dell’Oms per le epatiti e l’Hiv – Le nuove raccomandazioni dovrebbero far sì che tutte le persone con epatite C ricevano test e trattamenti”. Per quanto riguarda l’Italia le ultime stime parlano di 350mila malati, anche se non c’è stato un vero e proprio screening sistematico.
Nel nostro paese si è deciso negli ultimi anni di fornire a tutti i pazienti i nuovi ‘superfarmaci’ per l’epatite C, dopo un primo periodo in cui venivano dati solo ai pazienti più gravi, e questo ci ha messo ‘sulla buona strada’ per l’eliminazione. “Secondo le ultime analisi condotte dal Center Disease Analysis (Usa) – scrive l’Iss – siamo tra i 12 paesi diretti positivamente verso il traguardo più ambizioso, fissato dall’Oms per il 2030, ovvero l’eliminazione radicale dell’infezione da Hcv”.

 
                                         
                                 
                                 
                                