Emofilia A: la farmacocinetica è a portata di mano grazie a un device

di Lucia Limiti

Grazie alla terapia sostitutiva, i pazienti affetti da emofilia A possono essere sottoposti alle infusioni di Fattore VIII della coagulazione di cui necessitano. Soprattutto per i soggetti con una forma grave di malattia, si è passati “rapidamente” da un trattamento on demand ovvero a richiesta per la gestione degli episodi emorragici o per controllare i sanguinamenti durante gli interventi chirurgici, ad un trattamento di tipo profilattico standard, per escludere non solo le gravi emorragie ma anche quei sanguinamenti “silenti” o quelle emorragie che non mettono a rischio la vita dei pazienti, ma non per questo meno dannose.

I fattori che condizionano la scelta terapeutica
I sanguinamenti a livello delle articolazioni, dei muscoli e dei tessuti molli, rappresentano a tutt’oggi una sfida ancora da vincere. Infiammazioni, gonfiori, dolore cronico, immobilità e perdita delle giornate di lavoro o di scuola sono solo alcune delle problematiche che ne derivano. Altro fattore importantissimo, che condiziona la scelta terapeutica, è la variabilità dei pazienti in termini di età, stile di vita, fenotipo emorragico e differente processo di metabolizzazione del farmaco. Proprio per questo si è cercato di perfezionare la cura attraverso una personalizzazione della terapia basandosi sul profilo farmacocinetico individuale e su quelle che sono le esigenze del singolo individuo. Una terapia “su misura” in grado di aumentare l’efficacia del trattamento e al tempo stesso la qualità di vita del paziente.

Lo studio “spartiacque”
In uno studio pubblicato nel 2012 sul Journal of Thrombosis and Haemostasis, mettendo a confronto la somministrazione del Fattore VIII ricombinante di terza generazione a molecola integra privo di proteine plasmatiche (rAHF-PFM), in trattamento on demand con i due modelli di terapia profilattica: quella standard e quella basata sul profilo farmacocinetico del paziente, si sono osservati dei dati interessanti. Rispetto alla terapia on demand, i soggetti trattati con i due regimi di profilassi, avevano mostrato una riduzione della percentuale dei sanguinamenti; inoltre la sicurezza e l’efficacia dei due trattamenti preventivi erano pressoché paragonabili. Ma la cosa davvero interessante era che, in alcuni dei pazienti sottoposti al trattamento personalizzato, l’intervallo di tempo tra una somministrazione e l’altra andava ad aumentare, riducendo il numero delle infusioni settimanali e rendendo questa terapia una valida alternativa a quella standard.

La profilassi basata sul profilo farmacocinetico
Se, però, la profilassi basata sul profilo farmacocinetico dei pazienti, viene identificata come la strategia terapeutica ottimale per la prevenzione delle emorragie e delle conseguenti sequele, c’è anche da dire che, fino ad oggi, identificare il giusto dosaggio basandosi sul profilo farmacocinetico individuale, richiedeva da parte dei medici un impegno in termini di tempo e di processo di calcolo tale da mettere a rischio la sua reale messa in opera. Nella pratica clinica, infatti, per delineare tale profilo analizzando i livelli ematici del Fattore VIII successivi alla somministrazione del farmaco, sono necessari ben 11 prelievi di sangue, il che si traduce in disagio per il paziente e in dispendio di tempo e di risorse sanitarie.

La novità in arrivo: MyPKFIT
Fortunatamente questo sembra essere ormai un problema superato grazie a MyPKFIT, un dispositivo medico ideato dalla Baxter e presentato nei giorni scorsi a Roma e in Live Stream con i centri emofilia italiani. Il device, che si avvale di un’interfaccia internet (www.mypkfit.com), è un’applicazione informatica capace di rendere il processo di calcolo semplice e veloce e di ridurre di conseguenza i tempi necessari nel determinare le caratteristiche farmacocinetiche del singolo paziente.“Una terapia personalizzata vuol dire più appropriata e se si aumenta l’appropriatezza, di conseguenza aumenta la qualità della terapia”, queste le parole di Massimo Morfini, Presidente dell’Associazione Italiana Centri Emofilia (AICE) che ha moderato l’evento.“L’utilizzo di questo software – ha continuato Morfini – che non è nuovo nella Medicina perché è stato utilizzato per definire la dose migliore di vari farmaci, adesso viene applicato anche all’emofilia, dove ci sono varie necessità. Prima fra tutte quella di poter somministrare al paziente la giusta dose di farmaco per evitare gli episodi emorragici e poi anche un motivo farmacoeconomico visto che i concentrati costano cari. Se riusciamo a ritagliare la terapia più adatta al paziente, forse possiamo anche risparmiare qualcosa”.

Con MyPKFIT, disponibile in Italia da novembre 2014, il medico dovrà eseguire solo due prelievi di sangue, invece di undici. Sarà poi il software, grazie ad un algoritmo tarato su un ampio database composto da oltre 2.000 valori (dati provenienti da studi clinici) e ricavato dai profili farmacocinetici dei pazienti trattati con ADVATE, a calcolare su base farmacocinetica lo schema terapeutico adatto per il paziente. In questo modo si permetterà ai soggetti in trattamento profilattico con rAHF-PFM, non solo di poter beneficiare di una terapia personalizzata basata sulle esigenze individuali e sullo stile di vita ma anche, in alcuni casi, di ridurre la frequenza delle infusioni. Uno strumento facile, intuitivo, protetto per garantire la privacy dei pazienti, che non richiede l’istallazione di nessun software ma solo la possibilità di un collegamento internet.“Baxter è impegnata nello sviluppo di trattamenti innovativi che vadano incontro a quelle che sono le esigenze degli emofilici. – spiega Pedro Pina, Direttore medico europeo dell’emofilia di Baxter – Migliorare la profilassi personalizzata attraverso l’uso dell’innovativo MyPKFit associato ad rAHF-PFM aiuterà i medici a definire, con più fiducia e in modo più appropriato, una frequenza di infusioni e un dosaggio in linea con i bisogni individuali di ciascun paziente”. Dalla profilassi standard a quella personalizzata, da processi di calcolo “manuali” ad un device in grado di semplificare tale processo, agevolare il lavoro insostituibile dell’ematologo e ottimizzare la terapia per ogni singolo paziente. Se “un paziente alla volta”, sembra essere la chiave di volta nel trattamento dell’emofilia, oggi sta prendendo piede la consapevolezza della reale fattibilità di questa affermazione. Un grande passo avanti ma soprattutto uno strumento considerevole per la classe medica, perché migliorando sempre di più lo stato di salute dei singoli pazienti e soprattutto la loro qualità di vita, elemento altrettanto importante soprattutto se visto con gli occhi dei diretti interessati, di conseguenza si andrà ad ottimizzare la loro compliance.

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