
“Analizzando i dati di 9.236 individui in diverse fasce di etĂ , dall’infanzia all’etĂ adulta – spiegano i ricercatori – lo studio ha rivelato che le alterazioni delle connessioni cerebrali prefrontali-sensomotorie e cerebellari-occipitoparietali caratterizzano i giovani fratelli di pazienti con schizofrenia e sono legate al rischio genetico per il disturbo. Queste alterazioni sono state osservate anche in pazienti con schizofrenia e in individui che presentano sintomi psicotici sottosoglia, suggerendo una convergenza tra fattori di rischio genetici e clinici.
In particolare, queste alterazioni erano evidenti durante la tarda adolescenza o la prima etĂ adulta, in prossimitĂ dell’etĂ tipica di insorgenza della schizofrenia, e non prima o dopo questa fascia di etĂ ”. Questo risultato evidenzia l’importanza di un approccio orientato all’etĂ nello studio della schizofrenia. “Esiste – spiegano ancora i ricercatori baresi – una componente genetica significativa nel rischio di schizofrenia, che può essere utilizzata per indicizzare il rischio individuale”.
